Bologna, Riccòmini: "Arte, compagna mia"

Due i nuovi libri dello studioso scritti in lockdown, di cui uno è una ’passeggiata’ per la città in sua compagnia

Eugenio Riccòmini, storico dell’arte: "Il portico più bello? Per me è quello dei Servi"

Eugenio Riccòmini, storico dell’arte: "Il portico più bello? Per me è quello dei Servi"

Bologna, 18 gennaio 2022 - Tutto merito del lockdown. "Me me stavo a casa, leggevo, ascoltavo musica classica e... scrivevo. Per me scrivere è sempre stato facile come parlare", racconta Eugenio Riccòmini , l’86enne storico dell’arte che in questi giorni ha mandato in libreria ben due volumi. Il primo, ‘Bologna. Una passeggiata con Eugenio Riccòmini’ (Minerva), è una sorta di guida dettagliata e dottissima dei tesori della nostra città; il secondo, ‘Arte, amica mia. Un racconto di un amore lungo una vita’ (Pendragon), è la testimonianza di una lunga carriera spesa nelle Sovrintendenze a tutela del Bello. Quest’ultimo libro sarà presentato martedì 25 alle 18 in Salaborsa dall’autore con Giuliano Berti Arnoaldi Veli.

Il portico dei Servi
Il portico dei Servi

La sua, dunque, è una narrazione di mostre, restauri, ricerche e acquisizioni? "Racconto una vita nella quale l’arte è stata la mia compagna. Ricordo quando un ministro, credo fosse Spadolini, chiese dal nulla di organizzare una mostra all’Ermitage di Leningrado promessa all’ambasciatore sovietico. Era il 1973, mi ci buttai a capofitto e quando arrivai in Russia erano 40 gradi sotto zero. Ci rimasi tre mesi".

Perché resta leggendaria la generazione di studiosi costituita da lei, Gnudi, Emiliani e tanti altri? "Perché da allora il mondo è cambiato e non c’è più confronto. Non esistono quasi più le sezioni dei partiti o le parrocchie per discutere di società e la politica è chiusa nelle stanze romane. Anche questa è globalizzazione".

Cosa pensa dell’attestato da parte dell’Unesco per i portici di Bologna? "L’Unesco distribuisce riconoscimenti a realtà che già si conoscono... Certo, i portici sono un patrimonio. Per me quello più bello, lo scrivo in ‘Una passeggiata’ , è ai Servi, quasi una vela larga e non troppo alta. I portici vennero realizzati per costruire nella loro parte superiore alloggi per gli studenti di fuori città: lo dimostrano i due pilastri di legno ancora esistenti davanti a Palazzo Isolani. Chi non li costruiva pagava multe salate".

In ‘Bologna. Una passeggiata’ scrive che bolognesi anche colti non conoscono le nostre meraviglie. Qualche esempio? "Pochi sanno che i due unici affreschi rimasti di Crespi si trovano nella sale di Palazzo Pepoli Campogrande o che esiste almeno una decina di sale boscherecce nei nostri edifici, cioé sale dipinte con paesaggi circolari. La più bella è quella di Palazzo Hercolani. E non tutti conoscono la storia di Michelangelo che arriva a piedi a Bologna ma non ha i soldi per pagare il dazio d’ingresso: gli offrirà il denaro un nobiluomo chiedendogli di realizzare tre sculture nella tomba di San Domenico lasciata incompiuta da Niccolò dell’Arca".

Scrive anche che Piazza Maggiore è nata nel 1200 e che prima l’area era occupata da un quartiere abitato. Come è successo? "Il Comune ha pagato i residenti per demolire abitazioni, botteghe e chiese. C’era l’esigenza di creare un luogo che lasciasse il cielo libero, una piazza appunto. Oltre a qualche sagrato di chiesa, non esisteva allora uno spazio aperto e Bologna ne aveva bisogno: era motivo di orgoglio per una città che la seta e la canapa avevano resa nel frattempo industriale".

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