CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Eva Mikula e la Uno Bianca: “I familiari delle vittime devono chiedermi scusa”

Il presidente dell’associazione Capolungo dopo le frasi della ex di Fabio Savi intervista a Belve Crime della Fagnani: “Il mondo alla rovescia: se ha qualcosa da dire, si rivolga ai magistrati”

A Belve Crime Francesca Fagnani intervista Eva Mikula (foto), fidanzata di Fabio Savi, uno dei componenti della Banda della Uno Bianca che seminò morte e rapine

A Belve Crime Francesca Fagnani intervista Eva Mikula (foto), fidanzata di Fabio Savi, uno dei componenti della Banda della Uno Bianca che seminò morte e rapine

Eva Mikula è stata per due anni compagna di Fabio Savi, uno dei tre fratelli della banda della Uno Bianca: 24 omicidi e 114 persone ferite tra il 1987 e il 1994. Lei, all’epoca minorenne, oggi dice: "Attendo le scuse dai familiari delle vittime". E lo fa nello studio di Belve Crime, al debutto in prima serata su Rai2, condotto da Francesca Fagnani. "Il mondo alla rovescia. È vero che non c’è mai limite al peggio, ma qui abbiamo raggiunto l’apice", le parole di Alberto Capolungo, presidente dell’associazione Vittime della Uno Bianca.

Alberto era poco più che un ragazzo quando, il 2 maggio del 1991, gli uccisero il padre Pietro, ex carabiniere, nell’armeria di via Volturno a Bologna, dove morì anche la titolare Licia Ansaloni.

Tornato da scuola, dove insegnava, Alberto si preoccupò perché il papà, sempre puntualissimo, non era ancora rientrato. Accese la tv e vide il servizio al telegiornale. Corse là, ma non lo fecero avvicinare. Fu ascoltato in Questura. "Ma mio padre dov’è?", chiese, dopo ore. "Solo alle 19 sono riuscito a raggiungere l’obitorio di via Irnerio, che però era già chiuso. Gentilmente mi hanno aperto e solo allora ho potuto vederlo: aveva ancora gli occhi aperti".

Quelle immagini, che disegnano l’orrore di quella giornata, e di quelle che seguirono, resteranno impresse per sempre nella memoria di Alberto. "Certamente non chiediamo scusa a Eva Mikula – sottolinea Capolungo –, una persona che ha vissuto con un pluriomicida. Ci sono limiti alla ragionevolezza. Anche stavolta, ha detto delle parole inappropriate. Noi non abbiamo nulla di cui chiedere scusa a lei. Semmai il contrario. Perché lei, come altri, non parlò in tempo. Ma, se lo avesse fatto, molte di quelle persone oggi sarebbero ancora vive".

Quindi, "se ha qualcosa da dire, parli con i magistrati, dato che le indagini procedono ancora dopo il nostro esposto". I familiari delle vittime infatti, due anni fa, hanno chiesto di riaprire l’inchiesta per fare luce su alcuni punti mai chiariti. Mikula, per molti ‘una complice’, si è sempre considerata ‘vittima’ e tra le altre cose in studio spiega che la banda fu arrestata "grazie a me", dice nell’intervista, anticipata dall’Ansa. "Ha parlato solo dopo l’arresto", sottolinea invece Fagnani che, poi, ricorda quando nel 2015 chiese di entrare nell’Associazione vittime e non fu accettata. "Le famiglie delle vittime vogliono il mio silenzio perché rovino il decoro", la sua replica. "A chi deve delle scuse?" domanda la giornalista. "Le attendo. Dai familiari delle vittime", risponde Mikula. "I familiari, in generale, non devono chiedere scusa a nessuno", chiosa Fagnani. "Mi hanno insultato per 30 anni, è un’istigazione al suicidio", dice Mikula.

"Sappiamo che anche in questo caso (stasera) sfrutterà ancora una volta la sua, per così dire, notorietà, ma certamente noi non abbiamo mai augurato e non auguriamo del male a nessuno. Noi non l’abbiamo mai insultata – precisa Capolungo –, anzi, siamo addirittura disposti a comprendere che ha avuto un percorso di vita difficile". Quanto alla ‘protesta’ di Mikula per non essere mai stata accettata dall’associazione dei familiari delle vittime, "questo è irricevibile e incomprensibile – prosegue Capolungo –, lei non è una vittima. Lei Fabio Savi l’ha scelto. Noi, invece, abbiamo solo subito. E non abbiamo scelto".

L’altra sera, si è tenuta l’assemblea annuale dell’associazione: è entrato nel direttivo anche Ludovico Mitilini, fratello di Mauro, uno dei carabinieri uccisi nella strage del Pilastro.