Evasione a Bologna, 'Stockisti' verso il processo

Chiesto il rinvio a giudizio per 16 amministratori del noto sito di prodotti tech: non avrebbero pagato l’Iva su un giro d’affari milionario

Quiet quitting

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Bologna, 15 maggio 2022 - Riuscivano a vendere online cellulari e altri articoli tecnologici a prezzi vantaggiosi grazie allo sconto dell’Iva, dato che la evadevano. Un giro d’affari da 190 milioni di euro in tre anni, giro in cui però si ’perdevano’ le imposte : è questa l’ipotesi dell’accusa, che cinque anni fa ha portato alla chiusura del noto sito di vendita di articoli tecnologici ’Gli Stockisti’ e invece, il mese prossimo, porterà davanti al giudice dell’udienza preliminare sedici persone indagate a vario titolo di bancarotta, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e riciclaggio , dopo la richiesta di rinvio a giudizio del pm Nicola Scalabrini.

Secondo l’accusa, decine di milioni di euro di tasse sarebbero stati evasi grazie al meccanismo della cosiddetta frode carosello : appoggiandosi a una società maltese, che acquistava i prodotti dall’estero e li rivendeva poi a società italiane che di anno in anno mutavano, l’Iva non veniva pagata e, alla fine, i prodotti tech venivano messi sul mercato online a prezzi di fatto scontati del 20%.

La vicenda nasce nel 2012, da una società di Marzabotto all’epoca proprietaria dei domini dei siti Stockisti, e si dipana via via fino al 2016, culminando nella chiusura della piattaforma di e-commerce. La società bolognese che gestisce i domini dei siti di e-commerce infatti nel 2012 cede la piattaforma (dal giro di affari di oltre un milione e mezzo di euro solo quell’anno) per 33mila euro, di cui ne viene pagato circa un terzo, e a seguire un altro ramo d’azienda per ulteriori 300mila circa (di cui ne vengono versati solo quattromila, prima dichiarare il fallimento nel 2013. Questo per "sottrarre la società al pagamento dell’Iva e rendere inefficace la riscossione coattiva", per l’accusa. I domini della piattaforma online dal vorticoso giro d’affari vengono così via via ceduti, anno dopo anno e fino al 2016, a sei società differenti, con sede a Marzabotto, Roma, Ostia, che li acquistano e poi cedono dopo qualche mese; ciascuna diviene concessionaria dell’azienda maltese, che si occupava di acquistare dall’estero i beni e poi di rivenderli alla società che in quel periodo possedeva il sito, la quale a sua volta li proponeva ai consumatori finali a prezzi vantaggiosi. Con un giro d’affari da capogiro: poco meno di 190 milioni di euro tra il 2013 e il settembre 2016. Il debito d’imposta stimato è di circa 40 milioni.

Ora, davanti al gup Claudio Paris compariranno gli amministratori di fatto, legali rappresentanti e soci delle società che negli anni gestivano la piattaforma; sono difesi tra gli altri dagli avvocati Marco Sciascio, Michele Facci, Carlotta Toschi.

 

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