Faac, da villa Manini un milione di euro per i poveri

La Curia vende la villa ereditata dal patron Michelangelo Manini

La villa in ristrutturazione e nel riquadro Michelangelo Manini

La villa in ristrutturazione e nel riquadro Michelangelo Manini

Bologna, 24 aprile 2019 - La Curia ha venduto la villa che fu di Michelangelo Manini, il defunto proprietario della Faac che, scomparso nel 2012, lasciò tutti i suoi averi alla Chiesa di Bologna. Situata in via Porrettana, a pochi passi dall’arco del Meloncello, si tratta dell’unico bene immobile presente nel compendio ereditario.

La cessione è avvenuta qualche mese fa nel più totale riserbo, un silenzio rotto solo dal fatto che sullo stabile sono iniziati alcuni lavori di ristrutturazione e che, come si legge dal cartello esposto nel cantiere, il committente è Francesco Bertolini, il noto imprenditore bolognese impegnato nel campo della chimica.

L’acquirente, quindi, è il presidente di Caffaro Industrie, anche se entrambe le parti preferiscono glissare sull’argomento. Non ci sono particolari spifferi neppure sulla cifra che è stata incassata da via Altabella, ma pure in questo caso si possono fare delle deduzioni abbastanza precise.

La legislazione canonica prevede che l’alienazione di un bene immobile possa avvenire solo se la somma ricevuta è compatibile con il valore dello stesso. Siccome nelle dispute tra i parenti di Manini e la curia, alla casa venne riconosciuto un valore di un milione di euro, è lecito supporre che, spicciolo più spicciolo meno, quello sia stato il prezzo pattuito per la vendita.

In ogni caso quanto guadagnato sarà impegnato in opere di carità. Nel testamento non vi sono particolari indicazioni su come la curia dovesse utilizzare le risorse derivate da questa eredità, e sia il compianto cardinale Carlo Caffarra che l’attuale arcivescovo Matteo Zuppi hanno pensato che tutti i guadagni dovessero essere dedicati alla lotta per la povertà, convinti che queste fossero le reali volontà dell’imprenditore. Del resto la stessa storia ha il sapore di una favola che partendo da un evento negativo arriva ad un lieto fine.

Nel 2012 Manini scompare prematuramente a 50 anni, è single e senza eredi e decide di lasciare il 66% della Faac all’arcidiocesi, insieme all’unica proprietà immobiliare e ad un corposo patrimonio finanziario tra denaro liquido e altri investimenti finanziari.

Dopo un lungo contenzioso con i parenti, che si chiude con un accordo per evitare che la multinazionale entri in una situazione di difficoltà, la curia acquista il restante 34% della società francese Somfy e ne diventa il proprietario unico. Da lì l’azienda si sviluppa a tempo di record passando da mille a 2.500 dipendenti con un fatturato che supera i 400 milioni di euro all’anno. La gestione è comunque esterna all’arcidiocesi, affidata a un triumvirato di amministratori riuniti in un trust e che agiscono in piena autonomia.

 

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