Ecco Facecjoc, le foto. Il social network tradotto in bolognese

De Bortoli, il fondatore della piattaforma in dialetto: “Abbiamo quattro milioni di iscritti” FOTO Funziona così

Gianluca De Bortoli, fondatore di Facecjoc

Gianluca De Bortoli, fondatore di Facecjoc

Bologna, 19 febbraio 2016 - Provate a pensare per un attimo come sarebbe Facebook se lo avesse inventato un friulano schietto e intraprendente, animato da un sincero amore per la cultura e il costume italiano. Se ci riuscite forse state immaginando Facecjoc (foto), il social network che strizza l’occhio ai dialetti e che da stanotte sarà tradotto in bolognese, anzi, bulgnàis.

Dal 2010 il programmatore udinese Gianluca De Bortoli porta avanti, in un regime di totale autofinanziamento, il progetto del primo e fin’ora unico social network ideato, progettato e sviluppato in Italia, ma declinato in dialetto.

Se infatti ogni utente può interagire con i suoi amici virtuali nella lingua che preferisce, come accade su ogni piattaforma sociale, Facecjok riserva la possibilità, a chi si senta padrone della lingua, di tradurre tutti i contenuti statici del sito in diversi idiomi locali italiani, oltre a lingue straniere spesso inusuali. Oggi, dopo sei anni e ben dodici aggiornamenti del sistema, Facecjok mette in contatto quasi quattro milioni di persone nel mondo. Il suo ideatore è pronto a spiegarci come.

Il nome cosa significa?

E’ la versione friulana di Facebook? Di certo l’assonanza non è casuale, e in Friuli, dove è nato il progetto, l’espressione fa piuttosto sorridere. La parola ‘cjok’, infatti, da noi significa brillo, stralunato, e veicola subito l’idea di un luogo amichevole e conviviale. Pensavo di cambiare il nome all’inizio, ma ha avuto troppo successo perché potessi farlo. Com’è nata l’idea di un social network in dialetto? Volevo usare le mie capacità professionali per creare un prodotto social del tutto italiano, che incarnasse nel modo più verace possibile lo spirito del nostro Paese e che promuovesse all’estero la nostra idea di cultura locale. A giudicare dalle reazioni, credo di aver soddisfatto un bisogno avvertito da molti”.

Dialetto sì. Ma quali e quanti?

Per ora siamo oltre la decina, dal veneto al romanesco e dal friulano al siciliano, oltre all’anconetano, al napoletano e ad altri ancora, come il bolognese, sul punto di decollare. Purtroppo ho dovuto fare delle scelte e usare solo alcuni dialetti che mi sembravano i più rappresentativi dei loro contesti regionali, ma ho cercato di essere il più equo possibile”.

Sei finalmente arrivato in Emilia quindi?

Ho sempre guardato all’Emilia Romagna come al bacino perfetto per Facecjok. E’ una regione che ha davvero molto da dire per cultura, potenzialità economiche e civiltà e la gente qui ha la mente aperta ad idee nuove come la mia”.

Oltre ai dialetti non mancano le lingue straniere.

Oltre alle lingue straniere più diffuse, ho scelto di privilegiare il russo, per l’interesse turistico e culturale che da sempre i russi mostrano per l’Italia, e poi l’arabo e il turco, in un’ottica di stimolo, per quanto possibile, dell’integrazione di tanti stranieri che vivono qui o che qui hanno la loro famiglia”.

Ormai sfiorate i quattro milioni di utenti, che cosa giustifica questo exploit?

Significa che stiamo facendo bene e che le persone apprezzano le nostre idee e il nostro modo di porci. Siamo infatti riusciti a coinvolgere testimonial importanti per le diverse realtà locali, come Enzo Salvi a Roma, e ad introdurre alcuni accorgimenti che scombinano le classiche dinamiche sociali virtuali”.

Ad esempio?

Un aspetto su tutti: il tasto ‘non mi piace’. Se i social sono diventati una passerella per narcisi è perché si può solo apprezzare, o al massimo ignorare. Noi di Facecjok rivendichiamo il diritto di esprimere con i famosi emoticon tutti i sentimenti che proviamo, dita medie comprese”.

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