Ferrara, favori ai detenuti in cambio di soldi. Dottoressa del carcere arrestata

La donna avrebbe percepito duecentomila euro per fare uscire i carcerati certificando patologie inesistenti. La professionista, inoltre, avrebbe tentato di introdurre all’Arginone un etto di hashish e un cellulare

Faqvori ai detenuti in cambio di soldi, dottoressa arrestata

Faqvori ai detenuti in cambio di soldi, dottoressa arrestata

di Nicoletta Tempera

In cambio di 200mila euro avrebbe fatto tutto il necessario per comprovare l’incompatibilità con il regime carcerario di un giovane detenuto. E non si sarebbe tirata indietro neppure quando un altro le aveva chiesto di introdurre all’interno della casa circondariale di Ferrara un cellulare e pure un etto di hashish. Fatto quest’ultimo non avvenuto perché, come ricostruito dagli investigatori del Nir della penitenziaria, la dottoressa non sarebbe riuscita a reperire la sostanza fuori dal carcere.

L’indagine che ha portato agli arresti domiciliari - richiesti dal pm estense Ciro Alberto Savino e disposti dal gip Vartan Giacomelli - la dottoressa bolognese C. S., 54 anni, è durata circa un anno, ed ha permesso, attraverso attività tecniche e tradizionali, di ricostruire la disinvolta gestione della sanitaria, che adesso risponde di corruzione, per atto contrario ai doveri d’ufficio, di accesso indebito di dispositivi atti alle comunicazioni dei detenuti e anche di furto, avendo sottratto arbitrariamente farmaci (barbiturici, antiepilettici e oppioidi) dall’infermeria del carcere ferrarese per somministrarli ai detenuti, anche per simulare malori. Un lavoro certosino, quello del Nir, partito da voci di corridoio e atteggiamenti sospetti del medico.

La cinquantaquattrenne, che ha degli ambulatori in città e ha lavorato nel carcere ferrarese dal maggio 2021 al marzo scorso, quando è stata arrestata pure per evasione fiscale, avrebbe anche richiesto, senza reale bisogno, il ricovero in ospedale per i detenuti, attestando falsi sintomi, e istigandoli a simulare dei malori con gli altri medici della casa circondariale. In particolare, in accordo con un giovane detenuto, e dietro la promessa di un lauto compenso, avrebbe certificato patologie suicidiarie inesistenti, chiedendone pure il ricovero per un tentativo di togliersi la vita in realtà mai avvenuto.

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