Fiorentina Bologna, Ivan Dall'Olio: "Vedrò il derby in tv"

Ustionato trent’anni fa nell’agguato degli ultrà viola con una molotov al treno dei tifosi rossoblù

Ivan Dall’Olio oggi ha 44 anni, ne aveva solo 14 quando venne gravemente ferito (Foto Fn)

Ivan Dall’Olio oggi ha 44 anni, ne aveva solo 14 quando venne gravemente ferito (Foto Fn)

Bologna, 14 aprile 2019 – Da dieci anni non mette piede in uno stadio. «Ma questo derby lo guarderò, speriamo che il Bologna si salvi». Sui treni sì, è tornato a salirci: in fondo la vittoria più bella per chi, proprio su un treno, a quattordici anni ha vissuto l’inferno trovando chissà dove la forza per uscirne. Sono trascorsi trent’anni esatti da quel maledetto 18 giugno 1989 che ha segnato in modo indelebile l’esistenza di Ivan Dall’Olio. Fu quella la domenica maledetta di fine campionato in cui un commando di quattro ultrà viola alla stazione di Firenze Rifredi lanciò una molotov contro il treno che stava trasportando i tifosi rossoblù al Franchi, per assistere a un derby dell’Appennino che in un attimo si trasformò nel derby dell’orrore.

Il rogo che divampa sui vagoni, Ivan che si trova nello scompartimento sbagliato, lui e altri sei tifosi rossoblù che restano ustionati, la corsa in elicottero all’ospedale San Martino di Genova, una degenza lunghissima, decine di interventi per ricostruirgli l’epidermide nei punti lesionati dal fuoco. E la vita normale che lentamente torna a scorrere. Puntualmente, ad ogni viaggio del Bologna al Franchi, Ivan, che oggi ha 44 anni, deve respingere al mittente i laceranti ricordi e le domande di chi vorrebbe scavare in quella domenica di follia pura. Interviste no, nemmeno a parlarne: sarebbe solo rigirare il coltello nella ferita. Chiacchierate a ruota libera sulla sorte di un Bologna che lotta per restare in serie A quelle sì, non si negano a nessuno, in nome della comune fede rossoblù.

Dopo i primi botti della gestione Mihajlovic lo avevamo incontrato in centro e lui, come sempre, si era fermato per scambiare due battute. «Cosa dici, ci salviamo?». «Dai, speriamo di sì». E poi: «Allo stadio non vado più, ma il Bologna in televisione quando riesco lo seguo sempre – ci aveva detto –. Quest’anno c’è da soffrire, ma ho fiducia che riusciremo a salvarci». Vada come vada: per chi è riuscito a ricostruirsi una vita lasciandosi alle spalle l’orrore di quello scompartimento in fiamme, una retrocessione sarebbe quasi una passeggiata di salute.

Le passeggiate vere oggi Ivan le fa in montagna: all’inizio scalava le vette in bici, oggi si dedica a lunghe escursioni con un gruppo di fidati amici. E poi il lavoro da elettrotecnico, che non ha mai mollato, e la casa in Santa Viola, nello stesso quartiere in cui abitava quando in quella maledetta domenica di giugno di trent’anni fa decise, col permesso di papà Romano e mamma Maria, di salire su quel treno. La madre nel 2000 se l’è portata via una malattia, papà Romano non molla mentre suo fratello Piero, che quel giorno era sul treno con lui, continua a frequentare il Dall’Ara e a trepidare per i colori rossoblù. Al Franchi Ivan c’è tornato nel marzo 2002: si giocava il derby, preceduto dalla sfida di pallone tra i consigli comunali delle due città. Il calcio vero: quello che non prevede un viaggio all’inferno.

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