
Cosa avviene nella mente di un traditore seriale? Cosa spinge un uomo a cercare ossessivamente incontri con donne diverse dalla propria moglie? Patologia? Sono i temi intorno ai quali gravita il romanzo di Francesco Piccolo ’La separazione del maschio’, diventato adesso una graphic novel con i disegni di Fumettibrutti, vero nome Josephine Yole Signorelli. I due autori presenteranno il libro (Feltrinelli Comics) stasera alle 20,30 all’Oratorio di San Filippo Neri di via Manzoni (ingresso libero sino a esaurimento dei posti)
Signorelli, come ha tradotto in immagini l’ossessione per il tradimento del protagonista del libro di Piccolo?
"Ribaltando completamente lo scenario immaginato dallo scrittore. Con Piccolo abbiamo subito deciso che il mio libro non sarebbe stata una semplice traduzione in immagini del suo lavoro, ma un’opera nuova, una sceneggiatura inedita, naturalmente ispirata al testo, che mettesse non l’uomo traditore, ma le donne al centro della narrazione. Le vere protagoniste dell’opera che presentiamo a Bologna sono loro, con le loro complessità, le loro personalità, le loro diversità".
I suoi disegni ci immergono in un mondo dove non ci sono colpevoli e vittime...
"Assolutamente, ho voluto evitare qualsiasi taglio moralistico, le donne sono parte del gioco, quanto il traditore seriale. E sarà una sorpresa vedere che atteggiamento avrà quando incontra una come lui, una che ha fatto del tradimento la sua ‘missione’ Io cerco, nei libri, di non giudicare mai, lascio che siano le storie, con la loro forza drammatica, a imporsi all’attenzione del lettore e a trasmettere una visione del mondo che, spero, faccia sempre discutere".
Questo, con i suoi libri, succede spesso. Lei viene definita una ’scrittrice attivista’.
"L’attivismo è una parte importante del mio lavoro come artista, ma non è una scelta, una strategia. È normale che, affrontando temi come le differenze di genere, il superamento delle diversità sessuali, quello che disegno diventi parte di un movimento che genera opinioni, riflessioni, scontri anche. Quello che racconto ha sempre molto a che fare con la mia storia, il mio percorso, durissimo, di transgender e sono ovviamente molto felice se qualcuno avverte la mia vicinanza, se riesco, attraverso i disegni e le storie, ad aiutare a avere maggiore consapevolezza".
Quale altra definizione le piacerebbe fosse accostata al suo lavoro?
"Pedagogico, anche se non spetta certo a chi, come me, fa il mestiere dell’artista, avere questa responsabilità. Tutto deve iniziare nelle scuole: devono essere le istituzioni a formare, prima che sia troppo tardi, una generazione che, finalmente, abbia veramente rispetto verso l’altro, che non consideri la diversità una barriera da non valicare mai".
Lei, da Catania, è venuta a Bologna per frequentate il corso ‘Linguaggi del fumetto’ all’Accademia di Belle Arti.
"Un’esperienza che ha mi ha fatto crescere, un arricchimento culturale che, a mio avviso, in Italia solo una città come Bologna può dare. La cattedra di fumetto è una realtà che permette a tantissimi giovani, come è successo con me, di aprire i propri orizzonti mentali e di iniziare a fare della propria arte un lavoro".