OTTAVIA FIRMANI
Cronaca

Galletti, la proposta-appello: "Salviamo gli sportelli bancari"

Il presidente di Emil Banca: "Più di mille filiali chiuse in Emilia-Romagna in 10 anni. Ecco cosa fare"

Gian Luca Galletti, presidente di Emil Banca

Gian Luca Galletti, presidente di Emil Banca

Sportelli bancari che chiudono, serrande abbassate e cittadini lasciati soli. Negli ultimi anni, l’Emilia-Romagna, soprattutto nelle aree interne, ha visto un preoccupante fenomeno di desertificazione bancaria, con la chiusura progressiva degli sportelli che sta lasciando interi territori privi di servizi essenziali. Gian Luca Galletti, vicepresidente della Federazione Bcc Emilia-Romagna e presidente di Emil Banca, lancia una proposta-appello per salvare i presìdi finanziari rimasti, ampliandone però la funzione sociale.

Galletti, quanto è grave il fenomeno della desertificazione bancaria?

"Negli ultimi nove anni, l’Emilia-Romagna ha perso circa un terzo degli sportelli bancari. Il calo è del 33% ed è sotto gli occhi di tutti. Siamo passati da 3.125 sportelli al dicembre del 2015 a 2.078 a marzo di quest’anno. Questo è il risultato dell’informatizzazione: spesso le banche spostano i clienti verso le piattaforme online, riducendo l’accesso fisico alle filiali".

E questo è ancora più incisivo nelle zone interne, giusto?

"Esatto. In molti Comuni, quelli più piccoli, oggi esiste un solo sportello bancario, spesso il nostro. Dal 2015 al 2025, siamo passati da due a 14 Comuni nei quali siamo rimasti l’unico presidio bancario, mentre gli altri istituti si sono ritirati. Questo perché il nostro scopo non è solo il profitto, ma il servizio alla comunità. Anche se la filiale non è redditizia, sappiamo che la nostra presenza è fondamentale".

Danni per cittadini e imprese?

"Si crea del disagio, anche nella vita di tutti i giorni. Pensiamo agli anziani che non usano le piattaforme digitali: costringerli a fare chilometri, magari in montagna, per raggiungere uno sportello è un danno reale. E poi ci sono le imprese: i commercianti hanno bisogno di depositare contanti ogni sera. Se devono fare chilometri per farlo, smettono di farlo. E magari si spostano altrove, lasciando il paese, e contribuendo alla morte sociale ed economica di quelle aree. E poi la banca offre consulenza e formazione finanziaria. Ma per farlo, deve essere accessibile, e quindi vicina".

Lei parla di una funzione sociale delle filiali. In che senso?

"Oltre al servizio bancario, vogliamo che la banca diventi un punto di riferimento sociale. Se abbiamo una sala nei nostri locali, possiamo destinarla a uffici per lo smart working, a sale studio per universitari, o semplicemente a spazi di ritrovo. Possiamo fare corsi di educazione finanziaria per giovani e anziani. Le filiali possono essere luoghi vivi e utili per la comunità".

Quale proposta avanza?

"Confrontiamoci con la Regione, con i Comuni e con le altre banche".

In sintesi, cosa suggerite?

"Le Marche hanno approvato un comitato che ha lo scopo di favorire il confronto. Prendiamo spunto, ma facciamo anche un passo in più. Non basta garantire la presenza bancaria: bisogna dotare quei Comuni delle infrastrutture necessarie per mantenere vivi i servizi. Penso alla fibra ovunque, ma anche a forme di sostegno: fondi, incentivi, sconti fiscali, ad esempio sull’Irap, per le banche che mantengono aperti sportelli e servizi oltre l’orario classico".