È purtroppo evidente il cortocircuito in atto: per tamponare l’effetto delle politiche carcerogene prodotto dal Decreto Caivano, si è costretti a delocalizzare fino a cinquanta ragazzi spostandoli in un carcere per adulti già fortemente sovrappopolato. La Dozza conta 852 detenuti per una capienza poco superiore a 500 posti. Un tasso di sovraffollamento del 170,4%.
Si vuole contrastare una patologia, il numero fuori controllo di ingressi negli istituti di pena minorili, senza intervenire alla radice del problema. È vero che le sezioni sarebbero separate, ma le risorse a disposizione resterebbero le medesime: i detenuti minori verranno coinvolti nelle attività trattamentali, dal momento che la carenza di organico tra gli operatori penitenziari è una questione, oltre che sistemica, irrisolta?
Per tenerli ben separati dagli adulti, infatti, il pericolo è che si crei una situazione di isolamento ingiustificata, soprattutto se consideriamo che tra i ragazzi individuati sono già presenti difficoltà nella continuità del progetto rieducativo. Vi è il concreto rischio, insomma, di creare ulteriori sezioni-ghetto. Questa gestione delle persone ristrette compromette il naturale corso di un progetto di reinserimento che possa definirsi solido, rendendo molto difficile la realizzazione di percorsi trattamentali a media e lunga scadenza. In sintesi, come sottolineato anche dall’assessora Matilde Madrid, si tratta di una decisione non condivisibile e preoccupante, soprattutto perché s’intravede già un suo prolungamento nella possibilità di rinnovo dopo i tre mesi, con il risultato di una nociva stabilizzazione.
Direttivo Extrema Ratio