Giovani e vita, la repressione è un boomerang

Migration

Francesco

Zuppiroli

Uscire o non uscire?

Un giovane Amleto del 2021, dopo oltre un anno di pandemia, ha obbligatoriamente scostato

il piano del dubbio

dall’essere al fare.

Fare il possibile per riappropriarsi di quegli spazi sociali, ancora ben pochi invero, che determinano e giustificano l’anagrafica. Ma ora più che mai, un giovane, ragazza o ragazzo, che si trovi a dover sbrogliare il dubbio

se aprire la finestra di rischio contagio pur di tornare a fare un aperitivo, un pranzo fuori, un appuntamento, non

è nella posizione

di sceglierlo liberamente.

Il ritorno alla vita

è una corsa a ostacoli fra la chimera del coprifuoco, il senso di responsabilità verso sé stessi e gli altri e il giudizio sommario di chi vede nei giovani il male assoluto, gli untori a causa dei quali questa pandemia non si estinguerà mai (il prezzo che molti pagano per gli errori di pochi).

Come fare perciò a mediare una realtà così poliedrica, rimanendo al sicuro da un progressivo abbassamento dell’età media dei contagi, ma allo stesso tempo senza rinunciare ai momenti di svago che ci meritiamo?

La ricetta assoluta non c’è.

C’è però la sensibilità

del singolo.

Una moneta bifronte a metà fra il sacrosanto diritto a riempire ogni spazio di socialità che ci viene concesso e la nuova responsabilità che questo diritto comporta.

La responsabilità di divertirsi, ma ora più che prima di farlo nel massimo rispetto delle regole, per non perdere ancora ciò di cui siamo appena tornati faticosamente in possesso.

Va detto infine che a vent’anni si ha la forza di una pentola a pressione, metterci costantemente sopra il coperchio come unica soluzione, alla lunga, rischia

di farla esplodere.

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