Bologna, giudice corrotto. Spuntano vip e imprenditori

Mazzette per aggiustare contenziosi col Fisco, tredici indagati. Nell’inchiesta il re dei salumi Sante Levoni e il commercialista di un personaggio tv

Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza

Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza

Bologna, 10 aprile 2018 – Il pm Morena Plazzi ha chiuso l’inchiesta sul giudice tributario Carlo Alberto Menegatti, 74 anni, accusato di due tipi di corruzione (per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio), e la novità rispetto a un anno fa, quando è scoppiato il caso, è che gli indagati sono saliti da cinque a tredici. Nei giorni scorsi la Guardia di finanza ha notificato a tutti l’atto di fine indagine, di solito preludio alla richiesta di rinvio a giudizio, e fra loro ci sono nomi eccellenti.

Giudice corrotto: indagato anche Sante Levoni

Il primo è quello di Sante Levoni, 76 anni, residente a Castelnuovo Rangone (Modena), patron della famosa azienda modenese produttrice di salumi, accusato di aver corrotto Menegatti fra aprile e luglio 2016, regalandogli prosciutti e salami e promettendogli soldi, in cambio di consulenze proibite prestate dal giudice tributario in merito a ricorsi pendenti davanti alla Commissione tributaria regionale per la società Globalcarni Spa e in merito alla decisione di Levoni di trasferire la residenza a Montecarlo. Non solo. Menegatti per l’accusa si sarebbe «anche attivato per fornire alla famiglia Levoni informazioni riservate sulla sezione e sui giudici assegnatari del ricorso», scrive il pm nell’avviso.

La difesa di Levoni spiega però che «si tratta di un mero fraintendimento legato ad una vicenda passata che non ha alcuna attinenza con l’azienda. Un fraintendimento che presto verrà chiarito con l’autorità giudiziaria». Il secondo nome eccellente è quello di Giuseppe De Pascali, 75 anni, commercialista bolognese di un personaggio vip della televisione, accusato di aver corrotto Menegatti nel maggio 2016, per il tramite dell’ex dipendente dell’Agenzia delle entrate Alessandro De Troia, pagandogli 800 euro per «consigli professionali e annotazioni», scrive il pm Plazzi. Il tutto in merito a un ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale di Firenze che il vip aveva pendente. Va detto che l’illustre cliente non è indagato, dunque non c’è nessuna accusa a suo carico. Per la Procura l’iniziativa fu messa in atto esclusivamente da De Pascali.

Un altro ‘cliente’ di Menegatti era, secondo il pm, l’imprenditore bolognese Romano Verardi, 76 anni, che avrebbe corrotto il giudice durante «più incontri appositamente organizzati nello studio professionale della ragioniera Valentina Franceschini», pure lei indagata. Menegatti anche in questo caso avrebbe fornito, in cambio di una somma al momento imprecisata, consulenze illecite per ricorsi che la società di Verardi stava per presentare davanti alla Commissione tributaria dell’Emilia Romagna.

Menegatti è inoltre accusato di aver fornito la solita consulenza a un contribuente in lite con il fisco, Stefano Mutti, accusato di averlo corrotto con una somma imprecisata. In questo caso il giudice avrebbe fatto anche di più, si sarebbe cioè «adoperato per cercare di realizzare un incontro, per carpire informazioni riservate, con un altro componente della Commissione tributaria regionale». Menegatti infine nel luglio 2016 si sarebbe messo a disposizione di un’immobiliare di cui era socio Ippolito Piersanti (pure lui indagato) in vista di ricorsi che sarebbero stati presentati di lì a breve.

Fin qui la posizione del giudice Menegatti. Ma i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria, indagando, pedinando e intercettando le telefonate, si sono imbattuti anche in altri presunti reati commessi da un impiegato dell’Agenzia delle entrate, Flaviano Giannangeli, 63 anni, accusato (in concorso con la moglie Valentina Franceschini) di accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio perché avrebbe consultato illecitamente nelle banche dati del fisco la posizione di una quarantina di persone.

Infine, un dipendente di Equitalia è accusato degli stessi due reati, in concorso con Troia, per altre intrusioni nella banca dati del fisco.

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