Emiliani: "Non si pretenda che tutti i cittadini siano dei restauratori"

Lo storico dell'arte non ha dubbi: nella lotta al vandalismo grafico, i volontari "vanno incoraggiati e aiutati a operare al meglio" Denunciate gli insulti al decoro, alla pulizia, all’igiene: mandate le vostre foto a redazione.cronaca@ilcarlino.net Ecco una prima selezione delle vostre foto

Andrea Emiliani

Andrea Emiliani

Bologna, 2 novembre 2014 - «NON SI PUÒ chiedere ai cittadini che vogliono tenere puliti i muri della città dai graffiti di essere tutti dei restauratori». Andrea Emiliani – storico dell’arte, già soprintendente per i Beni artistici e storici, ex direttore della Pinacoteca e membro del Consiglio superiore dei beni culturali – non ha dubbi: nella lotta al vandalismo grafico, i volontari «vanno incoraggiati e aiutati a operare al meglio. Fornendo loro, che non sono dei tecnici, gli strumenti e i consigli adeguati». Emiliani non accusa la Soprintendenza che ha bocciato la pulizia di muri e colonne di via Petroni, intimando ai volontari di rifare il lavoro secondo precise prescrizioni. Ma fa capire che più collaborazione e meno burocrazia «renderebbero le cose più semplici». Evitando incomprensibili muro contro muro che rischiano di fiaccare il senso civico di tanti. Meno burocrazia. Come? «Le Soprintendenze, che amministrano territori immensi con sempre meno mezzi e personale, non possono più pensare di governare tutto». Per esempio, i toni di colore dei muri della città? «Per esempio». A chi spetterebbe il controllo? «Penso a una Commissione di ornato. Che, come l’antica Assunteria d’ornato, si occupi di tutto ciò che riguarda l’aspetto estetico della città». Da chi sarebbe composta? «Storici dell’arte, architetti, chimici, tecnici comunali...». Quali vantaggi porterebbe? «Sarebbe un organismo vicino ai cittadini, agile, capace di dare loro risposte rapide, di effettuare sopralluoghi e fornire suggerimenti utili in tempi ragionevoli. Oggi come oggi, contro il degrado i tempi di reazione sono decisivi. Perché i graffitari non perdono tempo, sporcano tutti i giorni». Una motivo di discussione è la scelta dei colori adeguati ai colori storici della città. Lei che ne pensa? «Dico che si può parlare solo di coloritura che passano per essere tipiche bolognesi». Può spiegare? «Bisogna tenere conto che il cosiddetto ‘rosso bolognese’, quel rosso ruggine, ferroso, è comparso solo nell’Ottocento. Insomma, di che colore fosse Bologna nel Cinquecento, non abbiamo idea». Il cittadino che vuole pulire, come si deve regolare, per evitare guai? «La risposta è semplice: si chiama Carta comunale. La proposi una quindicina di anni fa, quando il fenomeno sciagurato del vandalismo grafico cominciava a manifestarsi». Di cosa si tratta? «Di un elenco dei colori da utilizzare e la ricetta per realizzarli». Colori scelti in che modo? «Raccogliendo e studiando materiale storico, documenti figurativi, con il contributo di analisi chimiche e fisiche». Una volta redatta la carta? «Chiunque potrà ricevere la ricetta ufficiale per preparare il colore giusto per il luogo su cui vuole intervenire. Senza le lungaggini burocratiche che oggi, purtroppo, sono all’ordine del giorno».

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