Granarolo, 65 anni da incorniciare "Un’utopia che ha fatto storia"

L’ascesa del gruppo analizzata in un convegno della Bologna Business School sul ruolo della cooperazione

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Di fronte ai nuovi e complessi scenari odierni, occorre riscoprire la profondissima ragionevolezza del pensiero utopico, il suo realismo, la sua concretezza.

E guardare, così, verso l’utopia come guida ideale "per provare a realizzare una società diversa, più equa e più vivibile". Questa la riflessione emersa e condivisa nel corso dell’incontro ‘Ma la cooperazione è un’utopia?’ ospitato ieri pomeriggio a Villa Guastavillani, sede della Bologna Business School, alla presenza di numerosi ospiti, tra cui Pier Ferdinando Casini.

Perché se "le imprese non sono fatte solo da elementi che si possono vedere, ma anche di aspetti intangibili" come spiega la filosofa Gloria Origgi, "è importante mantenere i riflettori accesi sulle utopie e i valori di un’azienda, cioè su un ‘capitale narrativo’ che, esattamente come gli altri capitali, genera profitto".

Fa eco Max Bergami, alla guida dell’Università: "Bologna è un cuore pulsante su questo tema – afferma – e ancora oggi può rappresentare un punto di riferimento per tanti". A confermare l’importanza delle utopie e delle ambizioni, infatti, ci sono molteplici storie di realtà e aziende molto importanti. A partire da quella di Granarolo: "Sono passati 65 anni da quando un gruppo di coltivatori diede vita alla fortuna che noi viviamo. Non sappiamo quanta utopia, consapevolezza o azzardo ci fosse in quella scelta, ma oggi sappiamo che è servita a raggiungere i risultati che Granarolo può vantare – afferma il presidente Gianpiero Calzolari –. Ancora prima di progetti di vita o di studio abbiamo bisogno di nuove idee, con quel tanto di ‘utopia’ necessaria che evita di farci fare soltanto quello a cui siamo abituati".

Sulla stessa linea, infine, anche il sindaco Lepore: "Per riuscire a mantenere viva l’utopia servono fiducia e cultura della solidarietà, contro l’individualismo. Ma soprattutto creatività, cioè la vera molla dei cooperatori originari".

g.d.c.

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