Bologna, Anna e Karina in fuga dalla guerra in Ucraina. Accolte per curarsi al Policlinico

Mamma e figlia hanno viaggiato per tre giorni prima di arrivare in città, dove ora sono ospiti della Fondazione Sant’Orsola a ‘Casa Emilia’

Mamma Anna con la piccola Karina, una volta arrivate a Casa Emilia

Mamma Anna con la piccola Karina, una volta arrivate a Casa Emilia

Bologna, 6 marzo 2022 - "La vita vince", due volte. È con le stesse parole che campeggiano su un muro di Casa Emilia, la struttura di Fondazione Sant’Orsola per accogliere pazienti che arrivano da fuori regione per essere curati al Policlinico, che si può riassumere la storia recente di Anna e Karina, madre e figlia ucraine di 32 e due anni, malate e bisognose di terapie specifiche al Sant’Orsola, che da ieri sono ospitate negli spazi della Fondazione nella struttura che Camplus gestisce in via Emilia Levante, al termine di una fuga dall’Est Europa in guerra durata tre giorni di viaggio in auto, e giunta a buon fine grazie alla rete di accoglienza composta da più attori che ha operato in loro favore. Dalla Fondazione Sant’Orsola all’associazione il Cestino, fino alla casa famiglia delle suore di Villa Pallavicini, che ha ospitato inizialmente la coppia, e nonna Lucia, che a Bologna lavora come colf da 16 anni e si è impegnata per l’accoglienza della propria figlia e nipotina.

La vita ha vinto due volte, appunto, e il primo di questi successi si riflette negli occhi della piccola Karina una volta entrata negli spazi di Casa Emilia. In quegli occhi in cui a quest’ora avrebbero potuto riflettersi le esplosioni della guerra e invece si riempiono di curiosità nel passare dalle luci del distributore automatico di bevande ai medici e infermieri raffigurati nelle foto sui muri, mentre mamma Anna non perde un passo della sua piccola, rincorrendola per la pace della struttura di Camplus mentre la nonna Lucia assistita dal personale della Fondazione Sant’Orsola completa le formalità del check-in. È forse questa l’immagine della salvezza? Potrebbe, dal momento che Anna e Karina, che in Ucraina vivevano a Vinnycja, una città nel centro del Paese a circa 360 chilometri da Kiev, sono arrivate a Bologna direttamente dalle zone del conflitto russo-ucraino, dove "alle 8.30 del mattino del 24 febbraio siamo state spaventate dallo scoppio di una bomba lanciata su una fabbrica vicina alla nostra casa", ripercorre la stessa Anna mentre prende confidenza della stanza in cui sarà ospitata qui in città. LEGGI ANCHE - Accoglienza profughi ucraini a Bologna, appello di Lepore e Zuppi: "Aprite le vostre case" - Come ospitare profughi ucraini a Bologna: già sessanta famiglie offrono casa

Un’esplosione che Anna però temeva da tempo: "Da dicembre i movimenti delle truppe russe in arrivo dalla Siberia verso il confine avevano messo in allarme il popolo ucraino – spiega Anna attraverso la madre Lucia –. Quando poi, a metà febbraio, sono iniziati i primi spostamenti nel Donbass, io e mio marito abbiamo iniziato a fare i preparativi per un possibile esodo di me e mia figlia". Esodo concretizzatosi appunto il 24 febbraio, quando, "dopo che un missile ha fatto tremare il palazzo in cui viviamo – racconta Anna –, facendomi temere per la vita di mia figlia, mio marito ci ha accompagnate fino all’autostrada, da dove abbiamo intrapreso un lungo viaggio in auto durato tre giorni attraverso il confine Ungherese e la Slovenia, fino in Italia, per portare in salvo la mia bimba". Un’odissea tra lunghe code alla frontiera e il tentativo dei militari ucraini di "prendere la mia auto, salvo poi accorgersi ci fosse anche la bambina e desistere", continua Anna.

La seconda vittoria della vita di Anna e Karina passerà invece dalle cure al Policlinico Sant’Orsola, il cui accesso rappresenta già un primo traguardo. La piccola è già stata visitata venerdì e per lei come per la mamma la prossima settimana inizieranno le terapie specifiche per le rispettive patologie. "Terapie che in Ucraina non ci sono – garantisce nonna Lucia – e che rendono l’arrivo della mia famiglia qui a Casa Emilia ancora più importante". Casa Emilia infatti è nata "per permettere a chi viene al Sant’Orsola di poter vivere il percorso di cura come una stagione della propria vita. Un luogo in cui sentirsi a casa anche quando si è lontani dalla propria", il commento di Giacomo Faldella, presidente della Fondazione Sant’Orsola.

E casa per Anna e Karina ora lontana lo è davvero, ma per la loro incolumità e salute, al momento è un bene. Anche se "sono molto preoccupata per il mio Paese e per mio marito, che è rimasto là come volontario – spiega Anna, mentre Karina si strofina sulle coperte della camera –. Il mio cuore è pieno di apprensione per lui e per gli altri parenti, ma questo era il momento di avere coraggio e di scappare, per mia figlia" e per far vincere la vita. Due volte.

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