Mostra su Pompei: a Bologna i colori e la magia delle domus

Da oggi al 19 marzo al Museo civico archeologico oltre cento opere che ornavano le più belle ville dell’area vesuviana

Le splendide rappresentazioni pompeiane

Le splendide rappresentazioni pompeiane

Bologna, 23 settembre 2022 - Come poterono Raffaello, Caravaggio o Canova creare opere simili a quelle sepolte sotto la lava del Vesuvio, di cui ovviamente a quel tempo non erano a conoscenza? Poterono perché i motivi iconografici delle decorazioni delle case di Pompei, Ercolano o Stabia avevano attraversato i secoli contaminando gli artisti.

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Il Resto del Carlino è media partner della mostra su Pompei (Schicchi)
Il Resto del Carlino è media partner della mostra su Pompei (Schicchi)

Sembrerà davvero di passeggiare fra le antiche domus romane al visitatore che da oggi al 19 marzo attraverserà le sale del museo Archeologico. È arrivato il momento dell’inaugurazione di una delle mostre più attese della stagione autunnale italiana, ‘I pittori di Pompei’.

Curata da Mario Grimaldi e prodotta da Mondomostre, l’esposizione – di cui Qn-il Resto del Carlino è media partner – propone oltre cento opere, accogliendo un corposo prestito del museo Archeologico di Napoli nel quale è conservata, come si sa, la più antica pinacoteca dell’antichità del mondo.

L’evento, rimandato da due anni a causa della pandemia, è un’opportunità per consolidare la vocazione turistica della città e si inserisce in un trend positivo che ha visto in agosto oltre 23mila visitatori nei musei civici cittadini.

Ma è anche l’occasione per continuare nel solco di quelle grandi iniziative internazionali che potrebbe portare in città – svela Elena Di Gioia, delegata del sindaco alla cultura – un importante progetto cinese legato alla figura del primo imperatore e all’esercito di terracotta. Ne riparleremo.

L’Archeologico trattò Pompei quarant’anni fa solo con una mostra documentale e non possiede, ricorda la direttrice Paola Giovetti, nessuna testimonianza certa di quell’area negli oltre 4.000 oggetti custoditi. Quindi, l’occasione è ghiotta.

L’esposizione, allestita con la consueta cura da Panstudio, pone al centro le figure dei pictores, ovvero di quegli artisti senza maestri (o meglio artigiani) che realizzarono decorazioni nelle dimore spazzate via dall’eruzione del 79 dopo Cristo.

E non c’è dubbio che gli splendidi affreschi dai colori ancora vivaci e spesso di grandi dimensioni restituiscono una fedele fotografia sociale del tempo nonché i gusti e i valori dei committenti. Paesaggi, nature morte, architetture, giardini, divinità, figure femminili...

Se nel mondo della Grecia classica i pittori erano considerati di proprietà dell’universo, come ricorda Plinio il vecchio, al tempo dei romani i pictores erano visti invece come abili decoratori.

Ma di loro, purtroppo, non abbiamo notizie e non conosciamo quasi nessun nome. Grimaldi racconta che, nell’allestimento, molto ci si è concentrati nella ricostruzione degli ambienti e delle sensazioni percepite dagli artisti rispetto agli spazi.

E questa è la carta vincente. Si comincia con il dare conto della fortuna di questi pittori nei copisti ottocenteschi quando, dopo le grandi campagne borboniche di scavi, cominciarono ad affiorare i tesori.

Ma sono due le opere ad aprire in modo emblematico le sale: lo stucco policromo di un atleta che diventa quasi un 3D e il celebre affresco ‘Filosofo con Macedonia e Persia’ che è anche l’immagine-guida della mostra.

I dipinti esposti nelle varie sale sono raccolte per tematiche precise: i miti, le nature morte, il teatro (la bellissima ‘Maschera fra i grappoli d’uva’, ritrovata a Pompei nella casa delle colombe, è anche la copertina del denso catalogo). Ma soprattutto, come si diceva, lo sforzo è ricreare il contesto delle case in cui i dipinti si trovavano, ricostruendo gli interni delle domus di Giasone, Gavio, Meleagro.

Sotto le teche, oggetti ritrovati negli scavi: compassi, coppe piene di colori, lucerne, brocche e vasi raffigurati proprio negli affreschi esposti.

‘I pittori di Pompei’ ha anche una forte valenza didattica, dedicando ai bambini due sale-laboratorio dove i più piccoli potranno per gioco diventare (beati loro) pittori, committenti o magari commercianti di pigmenti.

 

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