
Cgil, Cisl e Uil chiedono venga convocato un tavolo di confronto: "Prima bisogna fare il punto su liste d’attesa e carenza del personale". Ma l’assessore Fabi vuole accelerare e nominarlo prima dell’estate. .
Una figura unica che coordini le varie realtà ospedaliere presenti nell’Area metropolitana bolognese, quindi Imola compresa. Ma guai a chiamare tale figura ’direttore o direttrice’ (in pole continua a esserci Chiara Gibertoni, direttrice generale del Sant’Orsola, ndr): si potrebbe fraintendere e pensare a un’Azienda unica. Che mai potrebbe essere: realtà molto differenti, complesse e fiere della propria identità. L’assessore alla Salute della regione, Massimo Fabi, però vuole accelerare su tale figura e partire prima dell’estate. Compito non semplice, anche se i sindacati, pur facendo una puntuale analisi della situazione, non sono aprioristicamente contrari.
"Il vantaggio maggiore nell’avere un coordinatore unico dovrebbe essere quello di evitare duplicazioni e creare punti che elevano la qualità delle prestazioni sanitarie – afferma Paolo Palmarini, segretario generale Uil Fp Emilia-Romagna –. Non è più tempo di fare tutto dappertutto, ma scegliere aree dedicate dove per casistica e qualità tale prestazione è superiore. Per il personale sia sanitario che amministrativo non cambia nulla – precisa –. Anzi, con un coordinamento strutturato si può avere un tavolo di relazioni sindacali che sia ’certificato’. Ora ce n’è uno interaziendale, poi in ogni azienda si ripetono le stesse cose. Facendo salvi aspetti come la rappresentatività delle Rsu".
Stefano Franceschelli, Cisl Fp Area Metropolitana bolognese, fa notare "come abbiamo sostenuto a più riprese che una programmazione coordinata sulle attività e sul fabbisogno di personale sarebbe un beneficio sia per i lavoratori che per i cittadini. Ma non abbiamo bisogno di scelte calate dall’alto – dice –. Se questo è il progetto deve esserci un confronto trasparente con le organizzazioni sindacali. Occorre mettere in chiaro subito quali sono le prospettive concrete per i lavoratori che questa scelta comporterebbe. Spesso in questi anni abbiamo assistito a scelte improvvise e unilaterali, vedi cessione di ramo d’azienda per l’ortopedia – puntualizza –. Il territorio metropolitano che vede quattro aziende, tre Ircss, un Policlinico universitario deve parlare a una voce per ottenere gli investimenti che servono per valorizzare di più il personale – sottolinea –. Ci sono già realtà dove i dipendenti delle quattro aziende lavorano all’interno di servizi unificati, ambito amministrativo in primis, ma nelle quali esistono tutt’ora differenze retributive che vanno superate".
Secondo Marco Pasquini, segretario generale Fp Cgil Bologna è necessario "avere una ’fotografia’ della situazione relativa alla sanità bolognese che non sia ’sfuocata’ in termini di prestazioni e liste d’attesa prima di procedere con nuove nomine. Ci sono aziende molto specifiche sul territorio, ma che in alcuni casi sono sovrapponibili – fa notare –. È necessario capire con le risorse e le dotazioni di organico che abbiamo, qual è la riorganizzazione più utile a migliorare le prestazioni e la risposte alla cittadinanza, senza dimenticare le condizioni di lavoro del personale sanitario. Forse è il momento di riattivare il tavolo interaziendale per andare a vedere esattamente come siamo messi, anche in termini di personale – riflette –. Non vorremmo che là dove c’è un buco si va a coprire e se ne apre un altro. Il coordinatore unico non è un bene o un male: è una modalità: il punto è capire come viene organizzato questo ruolo, che funzioni deve avere, che titolarità e che mandato ha. E come innestare questa figura su un sistema che è complesso e articolato".
Monica Raschi