Il Bologna si stringe a Medicina: "Non mollate"

Poli, Palacio e Da Costa ieri hanno telefonato ad alcuni supporter residenti nel comune dopo la notizia della morte di Aurelio Prata

Da sinistra, Diego Perez, Nico Dominguez e Ladislav Krejcì durante la cena del 12 febbraio

Da sinistra, Diego Perez, Nico Dominguez e Ladislav Krejcì durante la cena del 12 febbraio

Cinquecento forchette felici, un roteare di sciarpe rossoblù, ovazioni in serie per i beniamini Nicolas Dominguez, Ladislav Krejcì e Diego Perez, perfino il gesto nobile del ricavato della festa devoluto a un’associazione che si occupa di disabili. E a seguire, come una maledizione postuma, l’ombra di un sospetto difficile da metabolizzare: che quella gioiosa festa di tifosi del Bologna, datata 12 febbraio, si possa essere inconsapevolmente trasformata in uno dei tanti taxi invisibili su cui a Medicina ha viaggiato subdolamente il coronavirus. Aurelio Prata, per tutti ‘lo zio’, molisano d’origine ma medicinese nell’anima, c’era quella sera ai tavoli del Centro Ca’ Nova insieme ad altri cinquecento commensali.

Prata aveva 53 anni e nei giorni scorsi dopo una lunga battaglia è stato stroncato dal Covid-19, di cui aveva accusato i primi sintomi all’inizio di marzo. "Ma associare la nostra cena alla diffusione del virus mi sembra forzato – dice Nicolò Lenzi, il giovanissimo presidente del club rossoblù Medicina –. La cena c’è stata il 12 febbraio e i primi casi conclamati si sono verificati dopo più di due settimane. In più erano presenti centinaia di persone da tante parti della regione, in cui poi non si è diffuso il virus".

La delegazione più corposa era quella del club ‘Romagna Rossoblù’, presente insieme al sodalizio di Faenza e a una mini rappresentanza del club ‘Arpad Weisz’, che viceversa ha sede sotto le Due Torri.

"A quella cena eravamo in trentotto – racconta Paolo Graziani, che di ‘Romagna Rossoblù’ è il presidente – e nessuno di noi nei giorni successivi ha manifestato sintomi. Solo io in questi giorni mi sono sottoposto a tampone, che per fortuna ha dato esito negativo: ma perché sono un dipendente pubblico e da un po’ di tempo avevo un mal di gola sospetto. Chi mi ha fatto il tampone ha escluso però che mi potessi essere contagiato in quella cena. In teoria ho rischiato di più il 22 febbraio quando ero in curva al Dall’Ara per Bologna-Udinese. Lì c’erano ottomila persone...".

Medicina, da settimane nella morsa del dolore, è da sempre terra di cuori rossoblù. La frazione di Portonovo ha dato i natali alla ‘Bandiera’ Giacomo Bulgarelli, quella di Fossatone nel 2007 poteva ospitare Romilia, prima che il no della politica bocciasse il progetto dell’allora presidente Alfredo Cazzola, che lì voleva costruire stadio, centro sportivo, centro commerciale e tre parchi a tema. Per alleviare un po’ della sofferenza di questi giorni ieri Andrea Poli, Rodrigo Palacio e Angelo Da Costa, ovvero tre pilastri del Bologna di Mihajlovic, hanno contattato al telefono alcuni tifosi rossoblù medicinesi. "Forza, non mollate, siamo tutti con voi!", il senso del messaggio.

Quanto alla cena del 12 febbraio, "insieme a Dominguez, Krejcì e Perez c’era uno dei responsabili di Bfc Tv, Claudio Cioffi – riferiscono a Casteldebole –. Ma nessuno dei quattro ha mai accusato nemmeno due linee di febbre".

"Qui in paese siamo molto addolorati per le perdite che stiamo subendo – è ancora Lenzi che parla –. Ma mi sento di dire che in questo momento Medicina non ha bisogno dei riflettori puntati addosso: sarebbe più opportuno evidenziare come la nostra comunità stia reagendo a questa disgrazia con coesione, senso di responsabilità e solidarietà".

Tre ingredienti che avevano fatto del compianto Aurelio un medicinese doc. "Lui aveva sempre una parola per tutti e gli piaceva stare con noi giovani", dice ancora Lenzi, a 26 anni presidente di un club che vanta centottanta iscritti. Tutti desiderosi, oggi, di riabbracciare al più presto una vita normale e l’amato bene rossoblù. Senza più l’ombra minacciosa di un virus.

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