Il borgo di Qualto perde l’unico ristorante

Lo storico locale, specializzato in cucina bolognese, ha chiuso definitivamente i battenti dopo essere passato attraverso numerose gestioni

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Una splendida terrazza affacciata su un mare di luci, di colori e di riflessi. Case lontane, boschi, prati policromi come tavolozze d’artista, alberi solenni e solitari, poderi dalle coltivazioni rigorosamente geometriche, campanili piantati nei campi come matite all’insù, uccelli in volo, rimandi di rumori lontani, echi di carri agricoli al lavoro e di cani infuriati alla catena. E ancora, proprio laggiù, dove l’orizzonte sfuma nella bruma, la sagoma del Corno alle Scale, con il suo abito di neve smaltato dal sole, imponente cornice a un paesaggio unico e maestoso.

Dal suo naturale belvedere Qualto, minuscolo presepe di case nell’area comunale di San Benedetto Val di Sambro offre, uniti l’uno all’altro, un incantevole panorama senza fine e un album di immagini carico di storia antica. Per scavare nei silenzi e nei misteri del piccolo borgo bisogna riportare all’attualità giorni lontani quand’era un castello fortificato e portava un nome ‘terra di Aqualto’, carico di potere e di prestigio. Di quei tempi, poco dopo l’inizio del Mille, è rimasto poco, quanto basta, comunque, per tenere in vita il respiro di questa piccola perla: qualche rudere, altre testimonianze e soprattutto la bella chiesa di San Gregorio Magno, tirata su nel 1300, e più tardi dedicata alla Beata Vergine del Carmine che salvò i fedeli dalla peste del 1630. Anche la vecchia torre campanaria si è fatta da parte, sbriciolata dai picconi, per lasciare il posto al campanile eretto nel 1917. La bella chiesa restaurata dopo i gravi danni per il terremoto 2003, lo splendido panorama oltre le vallate e fino ai monti, la sagoma antica ed elegante di ‘Cà di Bastiano’, le tracce di una strada romana che collegava Bologna e Fiesole, una fontana dall’acqua sorgiva ‘davvero molto leggera ’, e la vecchia trattoria, unico punto di ritrovo del paesino. Piatti raffinati della cucina bolognese e non solo, selvaggina e tante altre genuine specialità che consentivano ai turisti di apprezzare, insieme, antichi splendori e ottimi sapori. Ma anche la trattoria è passata tra i ricordi. "E’ un locale antichissimo, sopravvissuto a diverse gestioni. Da due anni lo gestivo insieme con Elena Serra, poi ho deciso di intraprendere altre strade e la mia socia ha preferito non continuare. La trattoria, quindi, non c’è più", spiega Lorenzo Biagioni. E’ rimasta la chiesa aperta alla messa domenicale, a riunire le voci. Ed è rimasto il panorama a regalare, con il sole o con la luna, albe chiare, tramonti di fuoco, emozioni e suggestioni.

Gianni Leoni

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