
La recensione: nonostante le difficoltà del libretto, calorose ovazioni per tutti. Repliche fino a martedì
Mai rappresenta a Bologna, è andata in scena al Nouveau Candide di Leonard Bernstein (repliche fino a martedì), nata come musical (1956), convertita in operetta più vicina all’omonimo romanzo di Voltaire (1974), accolta oggi nei cartelloni dei teatri d’opera. Nonostante la dozzina di versioni in cui è stata rimodulata nel tempo, resta una partitura di lunghezza esorbitante. La penalizza la ripetitività del libretto, che trasporta il protagonista da un capo all’altro del globo, sottoponendolo alle avversità più inverosimili, così che la drammaturgia generale risulta da una giustapposizione di scene strutturalmente analoghe, anziché da una evoluzione progressiva. La musica stessa è per l’80% improntata a uno stile esuberante, euforico, beffardo, con rari momenti di lirico intimismo a interrompere l’uniformità stilistica. Partendo da questi limiti, il regista e coreografo Renato Zanella ha fatto miracoli, creando uno spettacolo effervescente, in stretta correlazione alla parola e alla musica, grazie al suo retroterra da ballerino attento a coordinare ogni gesto al suono. L’hanno ben assecondato i 17 cantanti che si spartivano i 49 personaggi del libretto, in un turbinio di elementi scenici minimalisti (firmati da Mario Tinti), costumi variopinti (Danilo Coppola), luci cangianti (Paolo Liaci), danze e follie senza fine, giunti a Bologna perfettamente rodati (lo spettacolo è coprodotto con il Teatro Verdi).
In prima compagnia abbiamo apprezzato il tenore Marco Miglietta, che del protagonista Candide ha evidenziato l’indole candida e remissiva. Semplicemente straordinario il baritono Bruno Taddia, destinatario di quattro personaggi diversissimi, con parti più parlate che cantate, linguisticamente complesse, capace di modulare la pronuncia inglese secondo la natura di ognuno. Il soprano Tetiana Zhuravel ha ben risolto la parte vocalmente più complessa della partitura, Cunegonde, con qualche limite nelle sole note estreme. La veterana Madelyn Renée prestava opportunamente la sua voce ormai senescente al personaggio della Old Lady. Portavoce della consueta professionalità Aloisa Aisemberg quale Paquette. Ha fatto miracoli Kevin Rhodes dal podio nel tenere insieme il tutto e guidando l’orchestra in uno stile esecutivo tanto diverso da quello usualmente frequentato. Lo stesso si dica per il coro istruito da Gea Garatti Ansini. Applausi numerosi durante l’intero spettacolo, a sottolineare la conclusione di ogni Song, Duet o Ensemble, e calorose ovazioni finali per tutti, da una platea non particolarmente affollata.
Marco Beghelli