Il Cua sgomberato da via Oberdan Scontri con la polizia, agente ferito

Tre attivisti asserragliati sul tetto per oltre 12 ore. In strada momenti di tensione con le forze dell’ordine. In serata poi i collettivi dopo un corteo hanno occupato la sede di Lettere, in via Zamboni 38

Migration

di Nicoletta Tempera

"Non è possibile che non si possa andare neppure dal salumiere". Il salumiere è lo storico di via Oberdan, stretto ieri, per tutta la giornata, tra due cordoni di polizia. Dodici ore sono durate le operazioni di sgombero di Casa Felicini-Giovannini, il palazzo del ’500 di proprietà dell’università occupato il 26 ottobre dal Cua. La liberazione dello stabile è iniziata alle 7 del mattino e solo intorno alle 19,30 gli ultimi tre occupanti, barricati sul tetto, sono finalmente scesi. E sono stati accolti dai sodali, tra fumogeni e cori. Poi via verso la zona universitaria. Lasciandosi dietro cassonetti rovesciati, recinzioni di cantiere divelte, un paio di bottiglie lanciate contro la polizia. In mezzo, più momenti di tensione, respinti dalle forze dell’ordine. E un poliziotto, il dirigente della Pas Vincenzo Frontera, con la fronte spaccata, tre punti e dieci giorni di prognosi.

Le operazioni di sgombero sono iniziate di buon mattino. Quando la polizia ha fatto irruzione nel palazzo, ha sorpreso gli occupanti (sette in tutto) ancora tra le braccia di Morfeo. Tra loro, anche un diciassettenne e un ragazzo di origine straniera. Tre sono riusciti a rifugiarsi sul tetto, bloccando l’accesso alle forze dell’ordine. Gli altri sono stati identificati e invitati a raccattare le proprie cose. E, poco prima delle 9, hanno lasciato il palazzo. Intanto in piazza San Martino si erano radunati alcuni attivisti di Cua e Cybilla, una quarantina, per sostenere i "resistenti sul tetto". Visto che un’ambulanza, che doveva intervenire in via Oberdan, era stata fatta passare – ovviamente – oltre il cordone dal Reparto mobile, gli antagonisti hanno deciso di adoperare lo stesso ‘stratagemma’ per tentare di sfondare il servizio d’ordine e rientrare nel palazzo. Qualcuno di loro ha chiamato il 118, dicendo che all’interno si stavano sentendo male. Così, quando l’ambulanza è arrivata, sfruttando il momento, i quaranta hanno tentato di entrare nella zona off limits della strada. E sono stati respinti.

Hanno poi deciso di circumnavigare il palazzo, passando da via Albiroli e sbucando in via San Nicolò, dove c’è stato un altro respingimento dalle forze dell’ordine: qui è rimasto ferito il dirigente Frontera, medicato poi al Sant’Orsola. Dopo questo episodio, la situazione è rimasta sospesa – con tanto di pausa per un pranzo sociale in piazza San Martino – fino alle 18. Intanto, in via Filippo Re, in solidarietà con i compagni di Cua, i ragazzi di Cambiare Rotta avevano occupato un’aula universitaria. Soltanto quando ormai era buio e iniziava a piovigginare, dopo ore di trattative con la Digos, la situazione ha iniziato a sbloccarsi: gli attivisti hanno avanzato contro polizia e carabinieri, in tenuta anti sommossa. E sono rimasti faccia a faccia per un’interminabile mezz’ora. Un’atmosfera tesa, che si è sciolta solo quando gli occupanti sono scesi in strada, dopo essere stati identificati, e si sono uniti ai ‘colleghi’. Che, per festeggiare, hanno lanciato un paio di bottiglie contro la polizia e scardinato un cantiere. Per poi partire verso piazza Verdi e poi occupare via Zamboni 38. Ancora una volta.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro