Il delitto di Marzabotto. La verità dall’autopsia

Morto l’imprenditore accoltellato dalla moglie: era in coma irreversibile da mesi. Hanane Ben Sabeur ora sarà accusata di omicidio davanti alla Corte d’assise

Delitto di Marzabotto

Delitto di Marzabotto

L’autopsia, che sarà conferita dal pm Luca Venturi lunedì mattina, metterà un altro punto fermo sulla morte di Dario Devincenzi, avvenuta tre giorni fa, dopo sette mesi di agonia, quattro in coma irreversibile. Tanto tempo è passato da quando sua moglie, Hanane Ben Sabeur, armata di un grosso coltello da cucina, la sera del 23 maggio l’aveva colpito, mentre andava in bagno, ferendolo al basso ventre e al fianco. Ferite profonde, che avevano provocato una grave emorragia, con danni cerebrali e lesioni che si sono rivelate fatali per l’imprenditore di Marzabotto, titolare con il fratello della Fonderia 2000 di Monzuno.

Per la donna, che era stata subito arrestata dai carabinieri e, dopo appena quattro giorni, spostata in una struttura psichiatrica, il processo con rito immediato, per tentato omicidio, si sarebbe dovuto aprire il 12 gennaio. Ma con la morte del coniuge è subentrata l’imputazione più grave di omicidio, per cui è competente la Corte d’Assise. Motivo per cui l’udienza in programma sarà un passaggio tecnico di consegne, in un processo che ora si annuncia tutto da riscrivere.

Come auspica anche l’avvocato della donna, Alexandro Maria Tirelli, per cui "la citazione diretta a giudizio, per un caso grave come questo in cui era purtroppo prevedibile la morte della vittima, non credo fosse l’iter più opportuno – spiega il legale –. Per noi è necessario il passaggio dell’udienza preliminare, durante il quale venga discussa la capacità, anche a fronte di perizie di parte, della mia assistita di intendere e di volere al momento del fatto e soprattutto di sostenere adesso un processo". La donna, 44 anni, mamma di due ragazzini, è infatti attualmente ai domiciliari in una struttura psichiatrica e anche prima del fatto, come accertato anche dalla perizia psichiatrica disposta dal pm (che ha concluso per la capacità di intendere dell’imputata), era stata seguita in strutture dell’Appennino per problemi depressivi. "Lei non è capace di instaurare un discorso compiuto", dice ancora l’avvocato Tirelli, che chiede anche un approfondimento istruttorio, "per chiarire cosa l’ha portata a questa esplosione di violenza. Lei ci ha raccontato di abusi e violenze subiti per anni dal marito: fatti che necessitano di essere approfonditi in fase di indagine, non solo difensiva". Violenze "di cui non abbiamo mai avuto contezza", replica però l’avvocato Saverio Chesi, che rappresenta il fratello e la sorella della vittima, raccontando anzi di un contesto famigliare "amorevole. Lui era molto legato alla moglie, con cui era sposato da tanti anni". Un raptus inspiegabile, insomma, sfociato in una mattanza. "Ora ci sono due ragazzini rimasti soli – conclude Chesi –. Bisogna pensare a loro".

 

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