
Revocati i domiciliari all’ex capo dei vigili di Anzola. I suoi legali: "Ingiustizia". Dura la madre della vittima .
"Il carcere? È quello il suo posto. Ha ucciso nostra figlia, è lì che deve stare". Sono le parole di Angela Querzè, mamma di Sofia Stefani, alla notizia che Giampiero Gualandi, sotto processo davanti alla Corte d’assise di Bologna per l’omicidio dell’ex collega, è stato portato alla Dozza. Il trasferimento in carcere giovedì sera. Fino a quel momento, Gualandi (dopo un primissimo periodo in cella) era sempre stato agli arresti domiciliari, a casa sua. L’ex comandante della polizia locale di Anzola, 63 anni, è accusato di aver ucciso Sofia, 33 anni, con un colpo di pistola al volto, il 16 maggio 2024, nell’ufficio del Comando e con la sua arma di servizio. Un incidente, secondo l’imputato, dovuto a un colpo partito per errore in seguito a una colluttazione con la vittima. Un omicidio volontario, secondo la Procura, aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo con la vittima, dato che con Sofia Stefani aveva una relazione extraconiugale.
La Cassazione, mercoledì, ha confermato quanto stabilito a gennaio dal Riesame, che aveva disposto nuovamente la custodia in carcere, respingendo il ricorso dei legali di Gualandi. E giovedì la misura è diventata esecutiva. "È una decisione che in qualche modo rende giustizia a Sofia", aggiunge la mamma della vittima. "Quella della Suprema Corte – sottolinea l’avvocato Andrea Speranzoni, che assiste i genitori, la mamma Angela, appunto, e il papà Bruno – è una decisione che conferma le esigenze cautelari e la pericolosità dell’odierno imputato rispetto al tema dell’autocontrollo. Una incapacità, questa, non governabile in una condizione di detenzione domestica".
"È una decisione priva di senso, completamente illogica – dice invece l’avvocato Claudio Benenati, che assiste Gualandi assieme all’avvocato Lorenzo Valgimigli –. Da un anno e due mesi (cioè da quando è stato commesso l’omicidio) questa persona è in cattività. Ai domiciliari, si è sempre è comportato in modo corretto e coerente. Il carcere, ora, è un’inutile afflizione. Se sarà condannato, espierà la pena, certo, ma ora questa decisione è fuori luogo. Anche perché con il processo siamo praticamente agli sgoccioli, quindi è difficile parlare di rischio di inquinamento probatorio così come di possibilità di reiterazione del reato". Gualandi "si dichiara innocente fin dal primo giorno – aggiunge il suo legale –, ora è in uno stato di prostrazione e di dolore".