Il Delta di Vannucci: "Innamorato del fiume"

Domani il regista presenta all’Odeon il film con Borghi e Lo Cascio. "Quando vivevo a Bologna andavo e mi meravigliavo sempre"

Il Delta di Vannucci: "Innamorato del fiume"

Il Delta di Vannucci: "Innamorato del fiume"

Il Delta del Po è da sempre una fascinazione per i registi italiani. Pupi Avati vi realizzò il super cult horror La casa dalle finestre che ridono nel 1976 e nello stesso anno Giuliano Montaldo mise in scena L’Agnese va a morire. E’ stato amato da Roberto Rossellini, Tinto Brass, Lunas Bigas, Carlo Mazzacurati. E da Michele Vannucci, regista romano vissuto a lungo a Bologna, che ha girato Delta, un western fluviale e adrenalinico con Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio. Il regista alla sua seconda prova, sarà in città all’Odeon domani alle 21,30 per presentarlo.

Vannucci, è nato prima l’amore per il Delta del Po o la storia che ha voluto ambientare lì?

"Il film nasce perché sono follemente innamorato del fiume. Quando vivevo a Bologna e stavo montando Il più grande sogno, io e il direttore della fotografia prendevamo la macchina e andavamo, meravigliandoci ogni volta di questo fiume infinito che avevamo davanti. E in quel frangente ho avuto la percezione di stare davanti a una terra quasi selvaggia, uno spazio così difficile da trovare, soprattutto in pianura, dove l’uomo è ancora qualcosa di più piccolo rispetto al contesto naturale. Dopo aver incontrato le guardie ittiche mi è sembrato naturale iniziare a pensare a un film di fantasia. Un grande racconto popolare in cui si cerca di evadere in un viaggio lungo il fiume".

Protagonisti sono due uomini dalla psicologia complessa.

"Delta è questo, un film con due uomini che, in questo viaggio lungo il fiume, fino ad arrivare al mare, scoprono parti di loro stessi, anche oscure e conflittuali, un po’ come succede nei western dove c’è la frontiera, lo spazio lontano, in cui le istituzioni non sono presenti perché è lontano dalla civilizzazione".

Ci sono pochi dialoghi.

"Ho cercato di fare un western contemporaneo nell’Italia di oggi, con questo paesaggio misterioso, che nasconde, ostico eppure generoso. Tutti i personaggi a contatto con la natura, piano piano perdevano parole. Elia, il personaggio di Borghi, è proprio l’esempio di questa cosa. Avevamo scritto tante cose di lui, ma abbiamo scoperto che la strada giusta era raccontare un uomo solo, fragile, insicuro come lo siamo tutti in questo periodo, a livello sociale ed esistenziale. Allo spettatore viene richiesto di empatizzare sia con lui che con Osso-Lo Cascio, senza giudicare. Non c’è un buono e non c’è un cattivo. Questo è il mio messaggio".

Il film ha una grande fisicità. Come l’ha ricercata?

"È quel rapporto che ho avuto col fiume, quando ti senti inadeguato e innamorato. E’ stato bello trovare attorno a me degli attori, delle persone, che non si sono mai rapportate al film come qualcosa di esterno da loro. Sono state nel territorio con me per mesi, vivendo la vita delle persone della bassa, al freddo, per poi ridare il loro punto di vista. Alessandro è sempre stato in acqua, certe scene non potevano che essere fatte dal vero, e sentiva come uno sdoppiamento tanto era il freddo".

Benedetta Cucci

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