Il divieto non lede i diritti degli studenti

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Ugo

Ruffolo

Una didattica autoritaria al liceo Malpighi “sequestra” il cellulare agli studenti, ledendo i loro diritti (quali)? Le fake news si diffondono non solo esponendo fatti non veri, ma soprattutto travisando la narrazione di quelli reali.

La pretesa della scuola che si vada in classe senza cellulare, intanto, è pienamente legittima (vale per i pubblici concorsi, per le visite mediche…) e non lede diritto alcuno.

E poiché qualche studente - anzi, di norma, quasi tutti - potrebbe avere il cellulare con sé all’entrata, la scuola che acconsente a custodirlo medio tempore offre anche un servizio di cortesia (e non dovrebbe neppure rimanere responsabile della custodia…).

Avere il cellulare in tasca a scuola non è un diritto inalienabile; e non concerne certo quello alla privacy. Anzi, il divieto, oltre ad impedire abusivi “aiutini” nei compiti in classe ed interrogazioni (come nei concorsi ed altri esami), salvaguarda i diritti altrui perché previene indebite registrazioni o riprese (e illegittimi rilanci sui social), esse sì lesive della privacy di studenti e docenti.

D’altronde, se legittimo e doveroso è il divieto di utilizzo del cellulare in classe, non pare concepibile un diritto di tenere in tasca il cellulare spento, quasi che fosse una intangibile estensione corporea, dovendo la scuola “fidarsi” che sia tenuto spento.

Ma in caso d’emergenza? Può – e deve – provvedere la scuola, sia per assistere chi è in difficoltà (e allora non serve necessariamente il cellulare), sia per la ricezione di comunicazioni esterne (impossibili da ricevere a cellulari spenti!). Sarebbero altrimenti discriminati gli studenti privi di cellulare: non lo passa (non ancora?) la mutua! Tenerne uno sempre in tasca non è un inalienabile diritto umano. All’habeas corpus non è (o non ancora) parificabile l’habeas cellularem.

*Avvocato e giurista,

già ordinario di Diritto Civile all’Università di Bologna

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