Il gup: "Terrorismo" Lolli rinviato a giudizio

L’imprenditore di Rimini Yacht era stato estradato dalla Libia A ottobre il processo: "Nel direttivo di Majlis Shura"

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È stato rinviato a giudizio a Roma Giulio Lolli, l’imprenditore di 54 anni bolognese già titolare della Rimini Yacht, estradato a dicembre dalla Libia e accusato dalla Procura capitolina di associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale e traffico di armi. Il gup, accogliendo la richiesta del pm Sergio Colaiocco, ha fissato il processo al 14 ottobre davanti alla prima Corte d’assise. Secondo gli inquirenti, Lolli aveva un "ruolo direttivo" nell’organizzazione terroristica di matrice islamica Majlis ShuraThuwar Benghazi in cui militava in Libia, quale ‘Comandante delle forze rivoluzionarie della marina’. Nell’ordinanza di custodia cautelare, il giudice scrive che l’italiano era "detenuto dal 17 dicembre 2017 nel carcere di Mitiga (Tripoli) con l’accusa di terrorismo per la collaborazione fornita al gruppo armato denominato Shura di Bengasi oltre che di detenzione illegale di una pistola e trattenimento illegale in Libia".

In particolare, come emerso dalle indagini del Ros, "proprio da Misurata Lolli si occupava di garantire alle milizie di Majlis Shura Thuwar Benghazi a Bengasi i rifornimenti di armi; approvvigionamenti che, via mare (non essendo sicuro il trasporto via terra), dovevano giungere da Misurata".

Il 27 maggio era stato sentito per la prima volta in udienza a Rimini, collegato in video dal carcere di Rossano Calabro. Nessun problema ad ammettere di avere commesso quella sfilza di truffe messe in piedi con i suoi lussuosissimi Yacht. Gli episodi contestati sono quasi un centinaio, ma il reato più grave resta quello dell’associazione a delinquere. Cosa che Lolli, però, ha respinto sostenendo con forza di aver fatto tutto da solo. Gli altri? Solo prestanome, come il sammarinese (che ha già patteggiato) che sul Titano aveva una società che gli forniva le doppie intestazioni per le imbarcazioni. Non aveva ‘soci’, solo persone che gli davano una mano, la maggior parte delle quali non sapeva nemmeno cosa stesse combinando. Lolli, non più comandante Karim, non si è mai pentito del castello di carte false che aveva messo in piedi. L’ha fatto, ha giurato, per salvare quella società che era diventata una potenza della nautica, ma che lui voleva far salire ancora più in alto.

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