Il marchese Carlo Alberto Pizzardi

Nicoletta

Barberini Mengoli

Nobile di origine e di fatto. Il marchese Carlo Alberto Pizzardi, nato a Bologna nel 1850, rappresenta l’oculata amministrazione dei beni di famiglia e la generosità verso la città. La famiglia Pizzardi è anche la dimostrazione di come la ricchezza, se non amministrata in maniera oculata, possa conoscere una discesa rapida e inesorabile. Infatti, alla morte del padre Luigi, i beni familiari sono divisi tra i tre fratelli, ma solo Carlo Alberto è in grado di risanare il patrimonio vendendo purtroppo, attorno al 1882 – ‘85, la residenza cittadina di palazzo Legnani – Pizzardi in via D’AzeglioFarini. Carlo Alberto, attraverso la gestione ponderata dei terreni della famiglia in pianura, inizia la sua grande opera di benefattore. L’animo imprenditoriale gli è servito per creare delle strutture atte ad aiutare gli altri. Fedele alla tradizione filantropica della famiglia, nel 1906 dedica parte dei suoi beni alla edificazione dell’ospedale di Bentivoglio. Ne restaura il castello e costruisce, come sua personale residenza, Palazzo Rosso, bellissimo esempio di edificio in stile Liberty sulla sponda opposta del Canale Navile. Per entrambi i lavori incarica Alfonso Rubbiani. Nel 1919, unico membro della famiglia Pizzardi ad essere arrivato oltre il 1900, solo e senza eredi, comincia a cedere progressivamente all’Amministrazione degli Ospedali di Bologna il suo ingente patrimonio, consistente inizialmente nelle terre della pianura, per la costruzione di un grande ospedale con 800 posti letto per malati acuti e tubercolotici. Con una seconda donazione del marchese verranno acquistate le terre sull’altipiano di Bellaria, dove oggi sorge l’omonimo ospedale. Nel 1932, a 10 anni dalla morte, la sua salma viene traslata dal cimitero bolognese in una tomba costruita sotto la cappella oratorio dell’ospedale. Un’ultima donazione con i restanti beni compreso il palazzo Ratta Pizzardi in via Castiglione 29, andranno all’Ospedale Maggiore di Bologna,. Questo uomo così generoso è morto in solitudine. Ciò fa riflettere.

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