Il rischio di una generazione ’dormiente’

Sono i giovani under 30 che non studiano, non lavorano e non cercano un impiego: a Bologna già 17mila. Ma ci sono eccezioni

di Francesco Zuppiroli

Long-lockdown. Le ripercussioni della pandemia non si rifletteranno per molto tempo solo sul piano sanitario, precisamente con la sindrome cosiddetta del long-Covid (senso di debolezza e altri malesseri derivati dalla malattia persistenti anche mesi oltre lo smaltimento del virus, ndr), bensì anche su quello socio-economico. A pagare il prezzo più caro in questo senso non saranno poi le fasce di popolazione più fragili, bensì i più forti, teoricamente, quei giovani under 30 a cui la pandemia e le misure restrittive che essa si porta dietro cambieranno in peggio l’altra cosa più preziosa che abbiamo al paio con la salute: il futuro. Sono detti Neet (Neither in employment or in education or training, ndr) e solo a Bologna sono ormai 17mila i ragazzi con meno di trent’anni senza un lavoro, un impiego e senza nemmeno l’impegno di cercarselo. Una condizione che spinge sempre di più per via della pandemia a fenomeni di isolamento e chiusura in sé stessi, troncando relazioni fondamentali per la maturazione personale.

La stima della quantità di Neet nel capoluogo emiliano era stata resa nota già a novembre, quando la Cooperativa It2 e l’Istituto Minguzzi, per arginare il problema, hanno messo insieme le forze di una rete di associazioni, finanziata da Carisbo. È partito così il progetto NeetWork, per recuperare le giovani menti ‘in transizione’, definizione che gli addetti ai lavori preferiscono all’acronimo Neet per descrivere il fenomeno. La mano tesa verso chi non lavora, né studia, né si forma per risolvere il problema ha visto così arrivare alla cooperativa It2 negli ultimi mesi 80 richieste dai diretti interessati. E per 10 di loro si è dischiuso un percorso per scrollarsi di dosso questa ‘scomoda’ etichetta di Neet. Sono quattro giovani donne e sei uomini, tutti fra i 21 e i 27 anni, pronti a dare una svolta alla loro vita. Ora seguono corsi di cucina, falegnameria, yoga e persino di rugby, facendo i conti con le regole sul distanziamento sociale. "Siamo partiti con le lezioni online – spiega Claudia Parisini, coordinatrice del progetto per It2 –, anche se ormai più della metà delle attività riusciamo a farle in presenza". Ma i numeri di Neet sul territorio non vanno erroneamente confusi con quelli della disoccupazione, infatti, "ci occupiamo - precisa Parisini - di giovani che non rientrano nella categoria dei disoccupati. Quello dei Neet è un fenomeno a sé stante, che parte dalla sfiducia nel futuro". In effetti, trattandosi di giovani che non cercano lavoro, il fenomeno rischia di non essere pienamente fotografato dai dati macroeconomici, ma non per questo va sottovalutato l’aumento recente dei ragazzi ‘dormienti’.

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