AMALIA APICELLA
Cronaca

Il teologo Mancuso e il pontefice: "Francesco aveva la ’passione’. Ma per alcuni era una minaccia"

"Le sue idee gli hanno creato problemi con i conservatori. Il successore? Dovrà essere un direttore d’orchestra Zuppi è uno dei migliori, ma spero per lui che non sia eletto. Non è affatto un compito semplice".

Papa Francesco era molto amato dai fedeli «La sua è stata una teopatia, nel senso di pathos, passione», dice Vito Mancuso (foto a destra)

Papa Francesco era molto amato dai fedeli «La sua è stata una teopatia, nel senso di pathos, passione», dice Vito Mancuso (foto a destra)

di Amalia Apicella

Per Vito Mancuso, teologo e filosofo, quella di papa Francesco è stata una teopatia. ‘Patia’ sta per ‘pathos’, passione. In questa parola sono racchiusi i dodici "bellissimi" anni di pontificato. Un profeta, sì, "ma fino a un certo punto". Finché non doveva diventare un uomo di governo. La sfida del prossimo pontefice riguarderà la politica interna. E Mancuso auspica che ad armonizzare le parti sia un direttore d’orchestra, più che un grande solista come Bergoglio, invece, è stato.

Vito Mancuso, qual è il grande lascito di papa Francesco?

"Se dovessi trovare una parola, direi ‘passione’. La passione per il mondo, per la gente, per il popolo. Più che un uomo di Chiesa, è stato un uomo di mondo".

Cioè?

"Non nel senso mondano del termine, naturalmente, ma di un uomo per il mondo. Il che l’ha reso molto amato, anche tra i non credenti. Ma gli ha creato qualche problema interno alla Chiesa, soprattutto sul fronte conservatore. Le sue aperture venivano viste come una minaccia all’integralità cattolica".

Ha scritto che papa Francesco è stato ’un profeta, ma fino a un certo punto’.

"Quando era chiamato a incidere sul mondo senza dover dire l’ultima parola, è stato un profeta e ha fatto bene a esserlo. Quando invece si trattava di pronunciarsi in modo decisivo, allora teneva conto di tutte le sensibilità per non lacerare la struttura della Chiesa e si trasformava in un uomo di governo".

Quale sarà la sfida più grande per il successore?

"Riguarderà la politica interna. Dovrà creare armonia tra tutti i settori della Chiesa cattolica. Papa Bergoglio è stato un grande solista, il suo desiderio di parlare al mondo a volte l’ha fatto staccare dai cardinali e dalla curia, che non perdeva occasione di bacchettare".

Che figura servirebbe?

"Un direttore d’orchestra, più che un solista".

Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, è tra i papabili…

"È un’ottima persona, molto in vista, e un ottimo cristiano, uno dei migliori. Ma spero per lui che non diventi papa".

Perché?

"Non è affatto un compito semplice. Ricordo che il cardinale Carlo Maria Martini rifuggiva da una carica tanto importante".

Cosa si aspetta dal conclave? "Che scelgano un uomo di Dio. Non è affatto detto che tutti i 135 cardinali lo siano".

Gli ultimi papi lo erano?

"Per quanto diversi, erano uniti da una fede sincera. Non ho visto nessun papa recitare quando si trattava di parlare di Dio, della vita eterna, del bene, dell’amore. Della fede nel senso profondo del termine. Penso sia la cosa più importante".

Di cosa ha bisogno oggi il mondo cattolico?

"Di autenticità, di testimonianza del fatto che i valori in cui l’umanità ha sempre creduto non siano chimere o illusioni, ma effettivi sentieri per vivere".