"In questa città si respira musica"

Federico Poggipollini: dal nuovo album ‘Canzoni rubate’ agli omaggi agli Skiantos e a Gianni Morandi

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di Pierfrancesco Pacoda

Era una Bologna che sprigionava vitale energia creativa, quella degli anni ’80. Una ‘Città in fiamme’, come il titolo del disco di una oscura band locale, i Tribal Noise, che accendevano con il loro rock dalle forti inflessioni punk, le notti sotto le Due Torri. Al basso c’era un allora giovanissimo Federico Poggipollini, adesso sofisticato interprete della canzone d’autore italiana e, da molto tempo, al fianco di Luciano Ligabue come chitarrista. A quella Bologna, a quanto di quel vento creativo soffia ancora adesso, Poggipollini ha dedicato la sua lunga carriera, dagli esordi fino all’album, in uscita a breve, ‘Canzoni rubate’.

Poggipollini, la città in fiamme dei suoi esordi, esiste ancora adesso?

"Bologna è stata, ai tempi di Tribal Noise, ed è ancora adesso, la mia principale fonte di ispirazione. E non parlo solo delle sensazioni che mi trasmettono le sue strade, delle storie che ancora riescono a raccontarmi e che poi io trasformo in canzoni. Ma penso anche all’importanza che per la mia formazione hanno avuto artisti della città molto diversi tra loro, come gli Skiantos e Gianni Morandi".

Nomi che, non a caso, ritroviamo nel suo disco di imminente uscita.

"Sì, l’album è stato immaginato come un tributo alla straordinaria stagione della canzone d’autore, una raccolta di cover di brani ‘minori’ o meno noti di tanti artisti, alcuni molto famosi, altri dimenticati. Ed è diventato, per via di alcune presenze importanti, un omaggio a Bologna e alla musica che qui si produce. A iniziare dai Tribal Noise di ‘Città in fiamme’ e dagli Skiantos".

Lei quindi si è formato ascoltando gli Skiantos?

"A loro, artisticamente, devo tutto. Sono la Bologna del rock, del demenziale, della poesia urbana. Io, come musicista, sono nato con loro. Ricordo ancora oggi lo stupore, la sorpresa quando, poco più che un bambino, scesi per la prima volta nella cantina ‘leggendaria’ in via San Vitale, dove loro provavano. Degli Skiantos nel disco ho reinterpretato ‘Il chiodo’, un brano degli anni Novanta".

E poi c’è Gianni Morandi...

"Un’altra icona senza tempo della musica a Bologna. Potete immaginare la mia felicità quando Gianni ha accettato di cantare con me in ‘Varietà’, un suo brano del 1989 scritto da Mogol e Mario Lavezzi. Uscirà a gennaio e sarà accompagnato da un video dove protagonista, oltre a noi, è proprio la città. Ho pensato di rappresentarla come un ambiente dove la musica non è solo intrattenimento, ma è il respiro stesso che arriva dalle abitazioni, è la linfa vitale".

Insomma, resta la città ideale per un musicista.

"Sì una città che, nel corso dei decenni, penso alla Filuzzi e poi alla splendida stagione negli anni ’60 degli orchestrali e ancora ai cantautori e poi al rock, ha sviluppato un’abitudine alla musica, una forma di rispetto verso questo linguaggio che non esiste altrove".

E’ anche per questo che tanti musicisti la scelgono per viverci?

"Sicuramente, qui le collaborazioni nascono in maniera spontanea. Faccio un esempio, Paolo Fresu da anni organizza ‘Note Elementari’, il concerto per sostenere le attività musicali in un istituto scolastico di Bologna. I nostri figli frequentano la stessa scuola, mi ha invitato a suonare per quella iniziativa, e lì ho conosciuto Eugenio Finardi, ospite pure lui, che è uno dei miei idoli e gli ho chiesto di cantare in ‘Canzoni rubate’. Crede che in una metropoli questo sarebbe stato possibile?"

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