In un film storie di Alzheimer. E di famiglia

’L’acqua non muore mai’ è il titolo del documentario che Roganti sta girando a Bologna con il contributo della Fondazione Sant’Orsola

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di Benedetta Cucci

’The Father’ di Florian Zeller, con Anthony Hopkins vincitore dell’Oscar 2021 come miglior attore protagonista è solo l’ultimo dei tanti film che hanno affrontato il tema dell’Alzheimer. Il cinema, alle fragilità dell’essere umano malato, ha sempre saputo dare una voce importante, portando l’obiettivo su problematiche che nella nostra società non vengono subito capite e accettate e facendo avanzare un atteggiamento di comprensione e accoglienza. Ecco le finalità del film L’acqua non muore mai. Cinque domande sull’Alzheimer e l’identità che la regista Barbara Roganti sta girando a Bologna, grazie alla produzione di Be Open, Open Group e Filandolarete, con il sostegno di Emilia Romagna Film Commission e il contributo fondamentale di Fondazione Policlinico Sant’Orsola ed Emil Banca.

L’idea è proprio quella di raccontare una malattia che fa ancora molta paura: "Abbiamo capito che non c’è davvero nulla di spaventoso, e lo vogliamo dimostrare" racconta la regista che, con la produzione, ha deciso di lanciare un crowdfunding su Produzioni dal Basso, per ultimare le riprese e passare alla post-produzione, lavorazioni che necessitano ancora di 10mila euro. Fino al 29 novembre si può donare.

"Il documentario – racconta Barbara Roganti – è nato da una raccolta di frasi scritte da pazienti, di cui ci ha messo a conoscenza la dottoressa Maria Lia Lunardelli, direttore della Unità Operativa Geriatria del Policlinico Sant’Orsola Malpighi, che ci hanno colpito molto. Parlando con lei si è pensato a che tipo di lavoro si sarebbe potuto fare, ecco quindi che una dopo l’altra, le parole raccontano qualcosa, forse il nostro rapporto con la memoria e l’identità, qualcosa che resta".

L’intuizione è stata quindi quella di rimetterle in circolo nella vita quotidiana, "farle uscire da quella panchina dove vengono messe quelle persone che stanno vivendo un momento di malattia", anche perché il loro valore è altissimo come spiega la dottoressa Lunardelli. "L’acqua non muore mai del titolo deriva proprio da un test chiamato Mini Mental, per valutare la memoria, la capacità di attenzione o l’orientamento, quanto una persona insomma sia ancora in grado di usare il linguaggio scritto oltre a quello verbale e di lettura".

E prosegue: "La cosa che mi aveva sempre colpito riguarda i temi delle frasi che solitamente sono espressioni di sentimenti o di affetto per i familiari, ma anche frasi semplici, quasi haiku, proprio come questa che ci fa comprendere molto bene che a volte, in una situazione complessiva già compromessa, scrivere una cosa così è molto significativa dal punto di vista comunicativo". Nel film verrà raccontata anche la storia di Giuliana Monti, una signora bolognese accudita dal marito Salvatore Mongardi e dalla figlia Natascia che riconosce l’importanza del film. "Un documentario – commenta – è importante perché anche se c’è questa problematica dell’Alzheimer che fa ancora molta paura, si possono fare delle cose, si possono attivare sensibilità anche se non si è care giver. Così, con la conoscenza, la vita della persona malata e dei famigliari che se ne occupano, può essere più facile". Complessivamente sono in carico al Centro Disturbi Cognitivi e Demenze 3.295 persone, prevalentemente in età geriatrica, affette da diverse forme di demenza. Nel 2019 sono state eseguite 1.722 visite di cui 959 prime visite e 763 visite di controllo. Ogni anno circa 560 persone ricevono diagnosi di demenza.

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