Inferno in A13. "Non si vedeva nulla, credevo di morire"

Il racconto dei feriti nel maxi-tamponamento sulla A13 ricoverati a Bentivoglio

Davide Tomascelli, uno degli automobilisti rimasti feriti a causa del maxi-tamponamento in A13

Davide Tomascelli, uno degli automobilisti rimasti feriti a causa del maxi-tamponamento in A13

Bologna, 16 dicembre 2015 - «Mi sono fermato dietro alla colonna di auto. All’improvviso la mia Fiat Multipla è stata speronata da un camion. Un colpo fortissimo e poi la paura di restare intrappolato e di non farcela. Se non sono morto devo ringraziare la mia buona stella. Quel tir è spuntato alle spalle della nostra auto dal nulla e ci ha travolto». E’ salvo per miracolo Davide Tomascelli, muratore residente a Occhiobello nella provincia di Rovigo, e a stento riesce a parlare, a causa del collare ortopedico. Aspetta il suo turno al pronto soccorso di Bentivoglio come tanti altri automobilisti coinvolti nel maxi tamponamento (FOTO).

«Stavo andando a lavorare – racconta – e subito mi sono accorto del muro di nebbia. Non si vedeva nulla e al massimo si potevano fare i 60 chilometri orari. Con me avevo un collega e ci stavamo dirigendo al cantiere. Doveva essere una giornata assolutamente normale, ma poi siamo rimasti intrappolati in quell’inferno di lamiere. Ho avuto tanta paura perché l’effetto domino che si era creato con tamponamenti a catena sembrava non avere più fine. Appena ho detto con il mio collega che speravo di uscire in fretta dall’autostrada, il tir ci ha travolto».

Su Facebook e su internet Tomascelli ha visto la sua Fiat Multipla dappertutto: «L’immagine della mia auto ha fatto il giro del web – ironizza –. Sono diventato famoso per una cosa di cui avrei fatto sicuramente a meno. La mia auto è stata la prima della catena di tamponamenti. E’ da stamattina che sono al pronto soccorso. Il dolore? Non riesco a capire, resto immobile per paura delle fitte».

L’unica nota positiva del maxi-incidente è stata la nascita di nuove amicizie. Davanti all’auto di Tomascelli c’era la Citroen Picasso di Manuel Pellegrini, addetto al montaggio scaffali all’Inteporto di Bentivoglio e residente a Rovigo. Anche lui ha il collarino ed è seduto su una carrozzina: «Ho un dolore fortissimo al collo – lamenta l’operaio –. La botta è stata tremenda. Stavo andando al lavoro come faccio tutte le mattine, lontano da casa. La visibilità era letteralmente azzerata. In quella situazione era difficile capire dove si trovassero le uscite dell’A13».

Pellegrini racconta i momenti precedenti il maxi tamponamento: «Ho avuto paura da quando sono entrato sull’A13 – sottolinea –. E il timore si è rivelato fondato. In mezzo a quel groviglio di lamiere c’erano urla, effetti personali sparsi e una borsetta che pendeva da uno specchietto retrovisore. Sul cofano della mia auto è finito un rossetto o qualcosa si simile. La vita delle persone spalmata sui sedili e sull’asfalto. Ricorderò per sempre questo giorno». Difficile rimettersi alla guida: «Se tornerò sull’A13? – conclude – Mi verrebbe voglia di non guidare più, ma come si fa? Abbiamo tutti delle famiglie».

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