Bologna, morto in moto. Svolta a 12 anni dall'incidente

Chiesto il processo, la vittima era un dentista. Automobilista nei guai per le rivelazioni di un testimone dal passato

Rocco Salvatore Galletta morì a 61 anni, l’8 maggio 2007

Rocco Salvatore Galletta morì a 61 anni, l’8 maggio 2007

Bologna, 28 febbraio 2019 - Di nuovo sotto accusa, di nuovo sotto la lente per quell’incidente avvenuto 12 anni fa e in cui perse la vita un dentista. E a portarlo ancora una volta davanti a un giudice, stavolta con un’accusa diversa, è un paziente del fratello del professionista morto. Un paziente che, per una incredibile coincidenza del destino, fu testimone oculare proprio dello schianto in cui morì Rocco Salvatore Galletta, 61 anni. Tutto accadde l’8 maggio 2007, nel primo pomeriggio, alla rotonda Romagnoli, all’altezza dell’intersezione con via Palmiro Togliatti. Quel giorno, proprio all’altezza dell’uscita dalla rotatoria, un 49enne di San Pietro in Casale alla guida di un’Alfa 147 si scontrò con lo scooter Honda Foresight guidato da Galletta. Quest’ultimo, dopo essere scivolato per circa 17 metri sull’asfalto, nella carambola oltrepassò il cordolo spartitraffico, andando a sbattere con la testa contro un grosso palo della segnaletica stradale. L’impatto, devastante, non gli lasciò scampo: il medico-dentista morì poco dopo, in ospedale.

La tragica vicenda seguì il normale decorso delle indagini. La polizia municipale accorsa sul posto sottopose ad alcoltest (negativo) il conducente, sentì uno dei testimoni che si fermò a prestare soccorso e che aveva assistito all’impatto in rotatoria. Fu stabilito che Galletta viaggiasse a velocità sostenuta e avesse tentato di superare l’Alfa credendola in uscita dalla rotatoria. Si aprì un processo a carico dell’automobilista, con l’accusa di omicidio colposo, da quale finì assolto dal giudice Valentina Tecilla nel novembre 2008, sentenza passata poi in giudicato. Al conducente, sosteneva il giudice, sebbene avesse cercato in prima battuta di negare la collisione, non poteva essere mosso alcun addebito dal momento che “viaggiava a velocità adeguata allo stato dei luoghi e prudente”, senza aver tempo di “adottare una manovra di emergenza efficace” quando la moto cambiò traiettoria. Tutto finito? Niente affatto. Nel 2011 si presentò dal fratello di Galletta, dentista pure lui, un paziente che, nel conversare, realizzò che l’incidente a cui aveva assistito nel 2007 era lo stesso in cui aveva perso la vita il parente del medico. Fu uno choc, soprattutto per i contenuti della sua testimonianza. Stando al paziente, infatti, quel giorno si trovava qualche metro dietro l’Alfa e la moto, e prima di raggiungere la rotatoria aveva assistito a un alterco tra i due. Motivi stradali, pensò, ma secondo la sua ricostruzione l’auto iniziò a inseguire la moto, accelerando e decelerando, come a volerne turbare la traitettoria. Fino al tragico schianto, di cui non comprese la gravità tanto da proseguire la marcia una volta appurato che si erano fermate altre auto.

Quel racconto fu riportato poi dal dentista al suo avvocato, Gabriele Bordoni, che segnalò tutto in procura. Il fascicolo, però, subì un percorso travagliato: rimasto contro ignoti fino al 2015, è passato per tre richieste di archiviazione (una della pm Laura Sola e due della pm Antonella Scandellari), sempre opposte da Bordoni che assiste il fratello e la sorella del deceduto. La testimonianza del paziente, confermata anche davanti alla polizia giudiziaria, non era sufficiente per la procura per procedere. Ma non l’ha vista così il gip Alberto Ziroldi, che alla camera di consiglio del 6 febbraio ha imposto l’imputazione coatta, formalizzata il 15. Per l’automobilista, assistito dall’avvocato Gemma Gasponi, è stato chiesto il rinvio a giudizio per morte come conseguenza di violenza privata perché invadeva “il tratto stradale occupato da Galletta, spingendolo verso i margini della corsia, effettuando tale manovra come ripercussione per una presunta discussione avvenuta immediatamente prima”.

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