Incidente sul Ponte di San Ruffillo a Bologna, aperte due inchieste

L’avvocato Marco Zincani indagato per la morte della madre Edera Russo. E spunta un fascicolo sull’autista del bus

Bologna, 1 ottobre 2022 - Per la morte di Edera Russo e per le ferite riportate dal figlio, l’avvocato Marco Zincani, ci sono due inchieste aperte: nella prima, che porta la firma del pm Mariangela Farneti, si procede per omicidio colposo e risulta unico indagato lo stesso Zincani, alla guida della Porsche che alla fine dello scorso anno si scontrò con un autobus di Tper e finì nella scarpata giù dal ponte San Ruffillo.

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I primi soccorsi ai feriti, accanto Edera Russo, deceduta poche ore più tardi
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Nel secondo fascicolo, coordinato dal pm Gabriella Tavano, l’indagato invece è l’autista dell’autobus chiamato a rispondere ’solamente’ di lesioni nei confronti di Zincani. Ma non è finita qui, come spiega l’avvocato di ques’ultimo, Gabriele Bordoni: "Ritengo che la platea degli indagati, in base a quanto già emerso in atti, verrà allargata da entrambi i pubblici ministeri. La vicenda – aggiunge – presenta complessità, ma certamente deve portare alla luce ogni aspetto rilevante rispetto alla ricostruzione di quell’incidente e alle responsabilità connesse". Pochi giorni fa la stessa difesa ha depositato in via Garibaldi una nuova istanza per chiedere che "vengano estese le iscrizioni per il reato che vede indagato Marco Zincani". Perché "la dinamica della collisione – così l’atto – porta a ritenere che il conducente del mezzo pubblico potesse essere particolarmente distratto", al punto di "non aver notato la Porsche che lo stava sorpassando". Inoltre, sempre secondo la difesa Zincani, "l’autista è risultato nel frangente positivo alle benzodiazepine".

Si doveva salvare

Lo disse a gran voce, l’ex procuratore Vito Zincani, il 27 dicembre nel giorno dell’ultimo saluto alla ex moglie Edera Russo: "Se la barriera metallica avesse retto come doveva, la tragedia non sarebbe stata tale". La Porsche condotta dal figlio vi finì addosso, lei morì, Marco si salvò per miracolo. Quelle parole, che divennero una petizione, si sono trasformate in un lungo memoriale finito dritto in Procura. Una tragedia che si materializzò venerdì 17 dicembre quando il 42enne e la madre stavano tornando da una cena a Rastignano percorrendo via Nazionale in direzione città. Stando ai rilievi della Municipale, Zincani durante un sorpasso urtò la parte anteriore di un mezzo Tper con la sua Porsche, che procedeva tra i 42 e i 45 chilometri orari, per poi essere sbalzata addosso al parapetto del ponte di San Ruffillo il quale cedette facendo finire il mezzo sul greto del Savena.

Ponte choc

Proprio le condizioni della struttura finirono subito nel mirino e al centro di una consulenza di parte. Il parapetto, secondo il documento, doveva essere demolito e sostituito per via del suo evidente stato di degrado già nel 2006. Un intervento disposto dal Comune e che, dato il suo "carattere d’urgenza", fu assegnato a un’impresa con trattativa privata proprio per non dovere attendere i tempi di una gara pubblica. Ma alla fine il progetto fu accantonato e il lavoro molto ridimensionato. Cosa frenò il Comune? Un’operazione di quel tipo avrebbe comportato la parziale chiusura del ponte, ostacolando troppo il traffico di una via allora già interessata da altri cantieri. Così si optò per l’installazione di una rete metallica lungo il bordo del parapetto, opera meno invasiva mirata solo ad "arrestare il degrado" della struttura. Era il 2007. Poi, più nulla.

Altri responsabili

Da qui ora la richiesta alla Procura di chiamare in causa anche chi non intervenne negli anni a protezione del ponte, per la sua "mancata manutenzione e per la verifica della ridicola e corrosa retina metallica". Lavori per il ripristino della parte coinvolta nello schianto mortale sono iniziati e terminati lo scorso giugno. "Solo dopo l’incidente – chiude l’avvocato Bordoni – il ponte è stato riassettato e cambiata la segnaletica".

 

 

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