Infermieri in prima linea, ma trascurati

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Pietro

Giurdanella*

Gli infermieri sono pronti a vaccinare e a farsi vaccinare. Non si sono tirati indietro, siano essi dipendenti, liberi professionisti o pensionati. L’organizzazione del piano vaccinale, al pari delle altre azioni contro la pandemia, necessita di un investimento in termini organizzativi, ridisegnando la sanità territoriale, con una forte rete di servizi di base (case della salute, ospedali di comunità, consultori...) e coinvolgendo il domicilio del paziente. Qui gli infermieri svolgono la loro attività in sintonia col principio affermato dal nuovo governo della ‘casa come principale luogo di cura’, anche grazie a telemedicina e supporto dell’infermiere di famiglia e di comunità in una logica di integrazione multiprofessionale.

È iniziata la campagna vaccinale a favore dei cittadini con più di 80 anni: dobbiamo proteggere i nostri anziani e chi presenta fragilità o malattie croniche. I nonni sono un perno su cui ruotano le necessità della famiglia – basti pensare al ruolo nell’accudire i nipotini –, ma bisogna anche considerare il rischio correlato all’infezione da Coronavirus. Tra l’altro sono proprio loro a insegnarci il rispetto per la vita, attraverso l’attenzione alle regole per il bene della comunità. Sono i primi ad aver accolto il vaccino con gioia. A livello nazionale, nelle prime fasi dell’emergenza, è stata individuata la figura chiave dell’infermiere di famiglia e di comunità, programmando l’assunzione di oltre 9mila unità. Oggi però ne contiamo poche centinaia, poiché paghiamo le conseguenze di un mancato investimento sulle figure infermieristiche durato molti anni. Gli infermieri sono in prima linea nella lotta al Covid: sul fronte vaccini, su quello delle Terapie intensive e, non ultimo, per supportare la scelta consapevole dei cittadini

sull’importanza di vaccinarsi.

* Presidente dell’Ordine delle Professioni infermieristiche

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