Joan Thiele: "Ispirata dalla musica da film"

La cantante stasera a DumBo per la finale del contest Bma: "Mescolo i linguaggi di tante etnie, ma con un sentire tutto italiano"

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Ama l’universo, ancora in buona parte da esplorare, delle musiche da film dei compositori italiani, capolavori misconosciuti di esotismo ‘salgariano’, di una idea del ‘viaggiare senza muoversi’ tornata attuale nei mesi del dilagare del virus. Joan Thiele è uno dei più originali giovani talenti della musica italiana, sangue un po’ colombiano, un po’ italiano, un album, Operazione oro acclamatissimo e la partecipazione, in estate, ai più prestigiosi festival nazionali. Una serie di concerti che toccano questa sera Bologna, dove la cantante si esibirà al DumBo (via Casarini, 19, ore 21) come ospite nella serata finale del BMA, Bologna Musica d’Autore, il talent voluto dagli studi Fonoprint per evidenziare le novità del pop di ricerca. Sul palco, con lei, i sei artisti selezionati e il gruppo Post Nebbia. Ingresso gratuito con prenotazione su Eventbrite.

Thiele, la sua musica sembra il risultato o di una infinita molteplicità di suggestioni.

"Sì, è una sintesi, è come se io fossi, in studio, un direttore d’orchestra che deve assemblare tante differenti passioni, amalgamarle, renderle fluide, dando una personalità, un’identità al mio immaginario sonoro, che spazia dall’elettronica alla canzone d’autore, sino a temi della musica da film italiana".

Una fonte di ispirazione, questa, molto particolare.

"C’è stata una ondata di autori di musica per il cinema, in Italia, tra gli anni ‘60 e i ‘70, che non ha avuto eguali nel resto del mondo. Erano grandi musicisti e compositori che scrivevano soprattutto per il cosiddetto cinema di ‘genere’, quelli che oggi vengono chiamati b movie. Penso a personalità come Piero Umiliani e Piero Piccioni, i cui ascolti sono stati la mia vera formazione musicale. C’è un disco, in particolare, la colonna sonora del film ‘il dio serpente’ del 1970, composta da Augusto Martelli, che rispecchia la mia idea di world music, perché incorpora temi, emozioni, suoni che arrivano da ogni angolo del pianeta, e sono ‘addolciti’ per l’orecchio pop occidentale".

Un orecchio pop, il suo, che si è nutrito di esperienze legate anche ai luoghi dove ha vissuto.

"Sono nata in Italia, mia padre è di Cartagena, in Colombia, ma ho studiato a Londra e lì è inevitabile subire il fascino dei linguaggi di tante etnie, assorbirli e poi restituirli, ma attraverso un sentire italiano. Per questo, dopo i primi lavori in inglese, il mio album più recente è cantato nella nostra lingua, con grande attenzione alla melodia".

Cartagena è una città importante per la musica in Colombia.

"A Cartagena è nata la cumbia, la nostra più affascinante tradizione musicale, un suono che adesso l’ultima generazione di produttori rilegge in chiave elettronica, dando vita a una scena che viene definita ‘digital cumbia’ e che è una delle maniere migliori per portare le radici a nuovi ascoltatori. Che è lo stesso percorso che io cerco di fare reinterpretando l’universo delle colonne sonore italiane, con l’aiuto di tanti artisti amati dal pubblico giovane, con i quali collaboro, come Mahmood e Venerus".

Pierfrancesco Pacoda

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