"L’occupazione va tutelata a ogni costo"

Luigi Giove, segretario regionale Cgil, e la crisi post-Covid: "Con i soldi dell’Europa devono essere finanziati solo progetti strutturali"

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di Andrea Zanchi

Salvare i posti di lavoro. Anche quando gli ammortizzatori sociali per contrastare la crisi dovuta al Covid – dal blocco dei licenziamenti alla cassa integrazione – saranno finiti. Luigi Giove, segretario della Cgil Emilia-Romagna, ha ben chiara la vera priorità del 2021 ormai alle porte. Anche perché, come ha sottolineato qualche giorno fa l’Istat, l’emorragia è appena iniziata: la disoccupazione in regione a settembre è cresciuta fino al 6,7%, contro il 4,6% di giugno.

L’Emilia-Romagna vedrà un impennata dei licenziamenti e un Pil ancora in sofferenza con il nuovo anno?

"Fare previsioni è molto complicato fino a quando non si sarà riusciti a controllare la pandemia. Però una certezza l’abbiamo: nel Patto per il Lavoro firmato con la Regione c’è l’impegno di ciascun attore in campo – dalle imprese ai sindacati alle istituzioni – di fare tutto il possibile per salvaguardare l’occupazione: viene esclusa ogni forma di procedura unilaterale di licenziamento ed è ribadita l’intenzione di usare tutti gli ammortizzatori sociali disponibili".

Anche un’eventuale ripresa veloce dell’economia potrebbe costare la perdita di tanti posti di lavoro?

"Molto probabilmente assisteremo a uno scenario simile a quello del 2009, con una discesa importante dei livelli occupazionali anche sul nostro territorio. L’obiettivo è quello di attutirne l’impatto e agganciare il prima possibile la ripresa, come è avvenuto dieci anni fa. Per farlo bisogna però che tutti mettano in campo una gestione condivisa delle ricadute di questa crisi sui posti di lavoro, proprio a partire dalla prossima primavera".

Come si dovranno utilizzare i fondi del Recovery Fund?

"Con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze di genere, generazionali e occupazionali. Bisogna dare priorità alla sostenibilità ambientale e all’innovazione digitale per generare nuova e buona occupazione: negli anni passati parte dei posti di lavoro sono stati lavori ‘poveri’, con salari troppo bassi e diritti compressi. Questo gap va colmato. Il fatto che qui in Emilia-Romagna ci sia stato l’accordo per mettere tutte le parti sociali intorno a un tavolo a discutere e decidere come utilizzare queste risorse fa ben sperare".

Il timore è che i soldi dell’Europa vengano spesi un’altra volta male dal nostro Paese...

"Per questo bisognerà evitare interventi a pioggia e senza condizionalità, privilegiando quelli strategici e strutturali".

Per esempio?

"Nella nostra regione andranno favoriti i processi di rigenerazione urbana e fatte scelte importanti sulla mobilità pubblica. Poi bisognerà sfruttare al meglio l’ecobonus al 110% e mettere in campo un grande piano di manutenzione del territorio con interventi a livello idrogeologico e per la salvaguardia della costa. Soprattutto va garantita a tutti gli emiliano-romagnoli una connessione Internet efficiente: questa è l’infrastruttura più importante da completare in tempi rapidi perché, come la pandemia ci ha mostrato, è grazie ad essa che ormai si garantiscono alcuni diritti elementari delle persone, come ad esempio la didattica a distanza".

In Emilia-Romagna l’industria 4.0, grazie agli investimenti di molti imprenditori, è già realtà: bisogna insistere ancora su questa trasformazione?

"È vero, qui siamo già avanti rispetto a molte parti del Paese. Però chiediamo che la concessione di nuovi incentivi nazionali e locali sia condizionata all’applicazione dei contratti nazionali di lavoro e alla creazione di occupazione stabile".

In definitiva, come si deve fare perché l’Emilia-Romagna si lasci la crisi alle spalle il più rapidamente possibile?

"Vanno salvaguardate le filiere produttive della regione, in particolare l’export, che rappresentano il punto di forza per agganciare in fretta la ripresa. E poi bisogna mettere a terra subito, il prima possibile, le risorse che arriveranno dall’Unione Europea. E a questo proposito sarà necessaria una riforma seria e profonda del comparto amministrativo, colpito da troppi anni di tagli. Per gestire le risorse dell’Europa non può bastare solo una manciata di manager".

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