Questa terribile alluvione ci ha impartito lezioni severe. Ci ha insegnato che bisogna programmare meglio gli interventi sul territorio, bilanciando con cura gli interessi in gioco: quello a costruire infrastrutture e immobili necessari allo sviluppo e quello a preservare un ambiente tanto bello quanto delicato. Compito decisamente non facile, ma che gli amministratori pubblici devono saper affrontare. Un’altra lezione, collegata alla prima, è che ora bisogna fare le cose in fretta, certo, ragionando però nell’ottica non di domani, ma dei prossimi decenni. Nella nostra provincia la zona più in difficoltà è l’Appennino.
Una montagna ferita da centinaia di frane che come coltellate ne hanno cambiato i connotati. Questa immane tragedia deve dunque essere l’occasione per ridisegnare i collegamenti fra la città e l’Appennino e quelli all’interno della stessa montagna. Bisogna recuperare il terreno perduto, rimettendo al centro delle priorità politiche un territorio che è stato abbandonato per tanti, troppi anni. Un abbandono che ha causato impoverimento e spopolamento, come testimoniano i sindaci di quei territori. Ora bisogna cambiare passo. Nel mettere in sicurezza le strade e le vallate, bisogna migliorare i collegamenti a cominciare dalle arterie fondamentali (Porrettana, Bretella e tante altre) per arrivare fino alle strade meno battute, quelle che ancora ci uniscono ai borghi dimenticati.
Detto questo, un’ultima (ma non meno importante) annotazione: l’alluvione deve essere anche l’occasione per un cambio di passo in termini di burocrazia. Almeno stavolta i cittadini danneggiati devono venire prima delle procedure a volte bizantine. I ristori arrivino in fretta, le aree escluse ingiustamente dall’elenco delle zone rosse siano inserite al più presto. Non si può più perdere tempo.