
La ceramica: una tecnica che spesso è considerata minore rispetto, per esempio, alla sua ’sorella’ pittura. Invece, a dedicarle l’attenzione che merita, è la AF Gallery (via dei Bersaglieri 5e), grazie alla mostra ‘Memorie per dopodomani’, a cura di Irene Biolchini e aperta fino al 22 aprile. I protagonisti della collettiva sono otto artisti nati tra la metà degli anni ’50 ed il 1970, che espongono altrettante opere in ceramica che interpretano le possibilità e gli sviluppi che il poeta Franco Fortini affidava alle sue pagine. Infatti, il titolo della collettiva si rifà all’omonima raccolta di poesie dell’intellettuale fiorentino, caratterizzata sostanzialmente da tre anime: la prosa capace di fondere arte e vita, la narrazione della lotta politica e l’intimità. I nomi degli artisti sono: Stefano Arienti, Sergia Avveduti, Vincenzo Cabiati, Manuela Cirino, Daniela De Lorenzo, Mario Dellavedova, Luca Pancrazzi e Italo Zuffi. Tutti hanno creato opere che devono essere lette – come scrive la curatrice – come "costruzioni frammentate e parzialissime rappresentazioni di mondi". In particolare, la ceramica diventa per loro – spiega Biolchini – "strumento ideale per dare voce ad una ricerca che è perenne contestazione del tutto, rinuncia delle posizioni dominanti". Inoltre, a dimostrazione che il "quotidiano è relazione con l’altro", Daniela De Lorenzo espone un’opera costituita da quattro elementi scultorei che raffigurano coppie di mani e piedi identici (due mani destre e due piedi sinistri legati assieme alla parete). Il titolo dell’installazione è ‘Una certa probabilità’, proprio per evocare immaginari possibili al di fuori delle capacità umane. Invece, fondamentale per la comprensione delle opere di Mario Dellavedova e di Vincenzo Cabiati, è una citazione del critico d’arte statunitense Hal Foster che, nel libro ‘Ritorno del reale’, scrive: "Dietro l’immagine, sta lo sguardo, l’oggetto, il reale (…). Succede questo perché il reale non può essere rappresentato". Ebbene, in questa collettiva il reale sembra non esistere, poiché si ripetono soltanto sguardi e riferimenti. Non a caso, nella scultura di Dellavedova, per esempio, il biscotto lascia spazio al foro che lo identifica; oppure, in quella di Cabiati, i piccoli oggetti quotidiani vengono privati della loro funzionalità.
Manuela Valentini