La città in tv "Vi racconto il mio Lele"

La città in tv  "Vi racconto  il mio Lele"

La città in tv "Vi racconto il mio Lele"

Va in onda lunedì 15 maggio su Rai 1 la serie tv Vivere non è un gioco da ragazzi girata a Bologna. Composta da tre puntate dirette da Rolando Ravello e sceneggiate dallo scrittore Fabio Bonifacci, racconta la storia di un diciassettenne che, complice l’innamoramento per una coetanea, finisce con lo spacciare pasticche provocando la morte di un coetaneo. Il protagonista è Lele, interpretato da Riccardo De Rinaldis Santorelli, 24 anni, un ragazzo di umile famiglia che frequenta il liceo (la location è in via Zamboni) con i rampolli della ‘Bolobene’. Nel cast anche Claudio Bisio, Stefano Fresi, Nicole Grimaudo e Stefano Pesce.

De Rinaldis Santorelli, era già stato a Bologna o l’ha conosciuta sul set?

"Ero venuto per provini di altri film, ma sempre una toccata e fuga, poi in autunno, quando abbiamo iniziato a girare, ci sono rimasto due mesi, vivendo lì. E me la sono goduta perché alcune persone della serie, come Luca Geminiani che interpreta Spin sono bolognesi, quindi mi hanno portato in giro, mi hanno fatto mangiare bene. Mi aspettavo più punkabbestia, ma non ne ho trovati molti".

Il suo personaggio, Lele, che ragazzo è?

"Per me è un giovane romantico. Vive l’amore in modo assoluto, si innamora infatti di Serena e le scelte che fa e che lo porteranno al dramma, sono fatte in funzione di questa storia. Io sono così diverso, sono razionale, non mi farei mai male per amore".

Il protagonista però è molto giovane… lei sette anni fa era diverso da Lele?

"Sì, perché ho sempre avuto ben chiare le conseguenze delle mie azioni, ed è quello che Lele non ha, che i giovani oggi non hanno ben chiare: si vive la vita giorno per giorno e lo si fa al massimo, il che è giusto, però…"

Cosa l’ha portata alla responsabilità così giovane?

"Ho avuto due genitori preziosi e un bel dialogo con loro".

Com’è la famiglia bolognese di Lele?

"Una famiglia umile e felice, non è diversa dalla mia, dove c’è trasparenza generazionale. Però, dopo che avvengono alcune cose, la paura non permette più il dialogo. Poi Lele arriva a fare certe cose a causa del gruppo, si sente insicuro e in obbligo di apparire in una certa maniera per non essere da meno".

Com’è questa Bologna della fiction? "L’epoca è quella pre-Covid. Io, per essere Lele che ha i capelli lunghi, ho portato le extension per i mesi di riprese. Lui è un giocatore di calcio, lo contraddistingue il giubbotto di pelle nera, è un po’ diverso dagli altri".

Benedetta Cucci

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