Omicidio Chiara Gualzetti, la criminologa Bruzzone: "Killer sadico e narcisista"

L’esperta traccia il profilo del 16enne: "Mente quando parla di demoni. È capace di intendere e volere, ha ucciso Chiara per celebrare il suo ego"

Roberta Bruzzone non crede al sedicenne quando parla di "voci e demoni"

Roberta Bruzzone non crede al sedicenne quando parla di "voci e demoni"

Bologna, 3 luglio 2021 - "L’assassino di Chiara non ha nulla di delirante. È un narcisista maligno pericoloso". Il profilo criminale del killer sedicenne di Chiara Gualzetti è lapalissiano per la criminologa Roberta Bruzzone. Nessuna problematica psichiatrica, per l’esperta, ha mosso la mano dell’adolescente, ma una "volontà lucida, lucidissima. E premeditata".

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Dottoressa Bruzzone, il ragazzo ha detto ai carabinieri, e ribadito al giudice, di sentire da anni la voce di un demone che lo spinge a fare cose sempre più cattive. Cosa ne pensa?

"Che mente. Che ha studiato a tavolino questa versione: dopotutto, il demone di cui parla richiama moltissimo, in maniera grossolana, la serie Netflix, seguitissima dai ragazzini della sua età, ‘Death Note’. Ha preso spunto e lo ha adattato alla sua situazione. Anche Benno Neumair aveva detto di aver ucciso i suoi genitori perché spinto da voci, dopotutto. Entrambi, invece, sono capacissimi di intendere e di volere".

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Quale pensa che sia stato il motivo che lo ha spinto a uccidere Chiara con tanta violenza e accanimento?

"Lui considerava Chiara noiosa e patetica. E lei aveva ‘osato’ innamorarsi di lui. È stata scelta perché fragile e manipolabile: sapeva che con lei avrebbe avuto mano libera per soddisfare il suo impulso omicida. Un impulso dettato dalla necessità di celebrare il suo ego, il suo potere. Uccidendo Chiara ha dimostrato a se stesso di poter fare tutto quello che voleva. Lui è completamente concentrato su se stesso: non prova la minima empatia nei confronti degli altri, che esistono solo in funzione dei suoi bisogni".

Prima di uccidere Chiara, il suo assassino ha studiato tutto nei dettagli. Ma ha commesso errori che hanno portato subito gli inquirenti a lui: inesperienza o voglia di mostrarsi, di poter dire ‘sì, sono stato io’?

"Io non credo che volesse farsi trovare. Anzi, lui pensava di non essere individuato facilmente. Questo ragazzo si sente superiore agli altri. Anche ai carabinieri. Quando si presenta da loro, indossa lenti a contatto rosse: è una sfida. E quando va a prendere Chiara a casa e saluta i genitori, lo fa per la soddisfazione di vederli soffrire poi. Lui gode per la sofferenza degli altri".

Perché, allora, giorni prima comunica la sua intenzione di uccidere Chiara a un cugino e poi manda un vocale a un’amica dicendo di averlo ‘fatto’?

"Lui annuncia la sua azione, ma dato che come tutti i narcisisti, tende a esagerare le sue gesta, non viene creduto. Poi, però, una volta raggiunto il suo obiettivo, si vanta di quello che ha fatto, di quello di cui è stato capace. Senza rimorso. Un’anima vuota. E questo emerge anche dagli interrogatori: quando racconta di aver ammazzato Chiara a calci in faccia, si preoccupa soltanto di essersi forse rotto l’alluce. Della vita che ha spezzato, non si interessa proprio".

Ma come è possibile che una devianza tale da portare un ragazzo di 16 anni a uccidere così non sia mai emersa fin’ora tra le persone che lo frequentavano, tra la sua famiglia?

"Questo tipo di disturbi della personalità si manifestano già da bambini e si accentuano nell’età dello sviluppo. Gli scatti d’ira del ragazzo che avevano portato la madre a farlo seguire da una psicologa sono un chiaro segno di questo disagio. Ma credo che già da prima ci siano stati dei segnali, anche pesanti, che non sono stati colti. I narcisisti maligni non tollerano la minima frustrazione, hanno difficoltà a integrarsi con gli altri. Se ci riescono, tendono a primeggiare come leader. Non è il caso di questo ragazzo, che si atteggiava sui social, senza però ricevere consensi. Questa poca considerazione, in lui che si sentiva il migliore, lo ha spinto a maltrattare le poche persone che hanno avuto la sfortuna di avvicinarsi a lui. Portandolo, alla fine, anche a uccidere".

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