La dottoressa del mister "L’ho seguito fino all’ultimo Ha lottato con grande dignità"

Francesca Bonifazi, direttrice del programma Terapie cellulari avanzate del Sant’Orsola: "Sono sempre stata in contatto con lui e la sua famiglia. E’ stato un paziente eccezionale"

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di Monica Raschi

Lo ha seguito dal primo (nel 2019) fino all’ultimo istante di vita, nonostante Sinisa Mihajlovic, fosse ritornato nella sua casa di Roma e, negli ultimi tempi, si trovasse in una clinica della capitale.

Lei è Francesca Bonifazi, direttrice del programma Terapie cellulari avanzate del Policlinico di Sant’Orsola.

Quando ha saputo che Sinisa era morto?

"Subito. Sono sempre stata in contatto con la sua famiglia e con il dottor Luca Marchetti, oncologo di Roma, della clinica Paideia. Con Sinisa ci eravamo sentiti la scorsa settimana".

Nonostante le terapie avanzate a cui è stato sottoposto, il trapianto e la sua forza, non ce l’ha fatta. Che tipo di leucemia era?

"Era una leucemia mieloide acuta ad alto rischio, tra le più aggressive che abbia mai visto, resistente a tutte le terapie e al trapianto. E’ andata bene per due anni e mezzo".

Nonostante il mister non avesse un carattere facile con lei si era creato un rapporto molto profondo, di grande fiducia e amicizia. Come è nato?

"Lui mi diceva che ero una disadattata perché in casa non avevamo la televisione e non sapevo nulla di calcio. A lui sembrava impossibile soprattutto non avere una tv. E in qualche modo forse aveva ragione: ma io sono sempre al lavoro... Poi comunque l’abbiamo acquistata".

Non mi dica che è diventata anche una tifosa del Bologna.

"La tv è stata presa dopo il trapianto di Sinisa, poi devo dire che alla domenica è diventata un’abitudine andare a vedere che risultato aveva fatto il Bologna".

Che tipo di paziente è stato Mihajlovic?

"Un paziente perfetto, con una grande personalità e al tempo stesso con la capacità di affidarsi totalmente. Ha sofferto molto, ma lo ha fatto con grande dignità. E il coraggio lo prendevamo insieme, ce lo davamo reciprocamente".

Lei aveva capito che non ce l’avrebbe fatta?

Un momento di silenzio....

"La speranza è sempre l’ultima a morire".

Vero, ma lei è un medico, quel medico che l’ha avuto in cura ed ha continuato a seguirlo.

"Sì, lo avevo capito"

Che cosa lascia Sinisa?

"C’è stato un processo di identificazione anche negli altri pazienti del reparto e sicuramente lascia il grande coraggio, la tenacia, la forza di affrontare qualcosa di sconosciuto. Sempre pronto a rialzarsi".

Non ha mai mollato?

"No, aveva una voglia di vivere incredibile. Voleva stare con la sua meravigliosa famiglia, con la sua splendida moglie che non lo ha lasciato un minuto. Per stare con loro era disposto ad affrontare le sofferenze più grandi. Ha lasciato un bellissimo ricordo anche nel reparto".

Ci sono tante altre persone che lottano contro lo stesso male. Cosa può dire loro?

"Di avere coraggio, di continuare a combattere. E noi tutti dobbiamo continuare a scommettere nella ricerca".

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