La maxi truffa delle patate Dopo 8 anni è prescritta

I pm: non doversi procedere per l’ex patron Fortitudo 2011 e gli altri 13 imputati. L’indagine si aprì nel 2013 e finì a processo nel 2019 tra intoppi e stop forzati

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di Nicola Bianchi

Due anni di indagini con migliaia di atti e intercettazioni (e costi), oltre tre di processo tra stop forzati e intoppi, e con una condanna di un inquirente (4 mesi che si prescriveranno in appello) in un dibattimento satellite per rivelazione del segreto d’ufficio. Tutto questo però non è bastato perché i reati oggi sono prescritti con la Procura che non ha avuto altra scelta se non quella di chiedere il non doversi procedere nei confronti di tutti e 14 gli imputati. Da Giulio Romagnoli, presidente di Fortitudo 2011 e titolare della Romagnoli Fratelli spa, una delle più importanti aziende di confezionamento e distribuzione di patate e cipolle in Italia. A Claudio Gamberini, ex direttore nazionale per gli acquisiti ortofrutta della Conad, passando per Antonio Covone e Roberto Chiesa. Tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata a una maxi frode commerciale ai danni "della grande distribuzione – così le imputazioni – con l’immissione di prodotti agroalimentari con etichettature attestanti dati non veritieri e commercializzati con documenti falsi". Tradotto: patate francesi spacciate per italiane e cipolle argentine come cipolle di Tropea, escamotage – secondo Procura e Forestale – per incrementare notevolmente i guadagni del sodalizio ai danni degli ignari acquirenti. Alla sbarra, con addebiti a vario titolo tra frode in commercio e favoreggiamento, altre 10 persone fisiche e 11 giuridiche.

Un fascicolo che prese il via alla fine del 2013 con l’iscrizione sul registro degli indagati di 23 nomi, nella primavera 2016 la notifica dell’atto di chiusura dei lavori e con l’udienza preliminare slittata al 2019 (il rinvio a giudizio di Romagnoli e soci è datato 30 ottobre). Poi il processo costellato però da una serie di brusche frenate, a partire dai continui rinvii dovuti agli anni del Covid e alla sostituzione temporanea di un inquirente. Ieri, infine, ecco la resa dei conti con la requisitoria del pubblico ministero Manuela Cavallo che, conti alla mano, nonostante sarebbe "provata la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato – così una memoria –, deve rilevarsi, tuttavia, che il delitto è comunque estinto per intervenuta prescrizione". Sia per i "promotori" e "organizzatori" dell’associazione, identificati dalla pubblica accusa in Romagnoli, Covone e Chiesa, sia per i "partecipi" (Gamberini. Stessa conclusione per gli altri otto capi di imputazione, considerati i 7 anni, 6 mesi e 64 giorni dalla data della commissione del reato. Ciò che rimane oggi sono le richieste di condanna per gli illeciti amministrativi: 100mila euro per la Romagnoli spa e 150mila per la Covone srl. La sentenza è stata fissata per il 12 gennaio.

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