Federico
Spolaore*
Le osterie italiane, bolognesi, storiche, come la nostra, non sono solo luoghi dove bere un bicchiere di vino. Sono luoghi d’incontro. Sono dieci anni che lavoro all’Osteria del Sole, l’ho ereditata dalla mia famiglia ed è rimasta di famiglia. Da quando vivo questo ambiente ho incontrato migliaia di persone, sempre nuove, provenienti da tutto il mondo, che hanno condiviso con me la loro storia. Questa è la natura intrinseca delle osterie. L’Osteria del Sole è meta di professionisti, bolognesi, giovani studenti e fuori sede. Persone tanto diverse tra loro che, però, amano ritrovarsi in vicolo Ranocchi e scambiare ‘dau ciacher’, come si dice in
dialetto. Questo è quello che il Covid ci ha tolto.
Il distanziamento, obbligato, per rispettare le normative sanitarie, che va seguito da
noi osti e dai clienti adombra
la magia dei posti come l’Osteria del Sole. Non c’è
più quella bella condivisione
di tavolate comuni dove perfetti estranei si dividono
un pezzo di crescente.
Manca il contatto umano e noi, come locale, ne abbiamo inevitabilmente risentito. Perché questo è quello che i
nostri avventori si aspettano e cercano. Spesso riscontriamo difficoltà nel far rispettare le norme. Molti clienti si comportano come se al Sole il
Coronavirus non fosse arrivato. Dobbiamo ricordare di indossare le mascherine, di rispettare la distanza tra un cliente e l’altro, di aspettare il
proprio turno all’ingresso e di non ammassarsi nel vicolo di fronte all’Osteria. È dura spezzare una tradizione che
va avanti dal 1465, ma ce
la faremo. E gli amanti del
Sole lo capiranno.
* Titolare dell’Osteria
del Sole
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