REDAZIONE BOLOGNA

La Regione bacchetta il governo: "Vuole fare morire l’Appennino"

Il presidente dell’assemblea legislativa Fabbri attacca. Evangelisti (FdI): "Devono garantire loro i servizi di base"

Maurizio Fabbri, presidente dell’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, attacca la politica nazionale per le aree interne, come l’Appennino bolognese

Maurizio Fabbri, presidente dell’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, attacca la politica nazionale per le aree interne, come l’Appennino bolognese

La rinuncia alle aree interne rappresenta una resa che l’Italia non può permettersi. Nel nuovo Piano del governo dedicato a questi territori "si afferma che per alcune zone ’il declino è irreversibile’ e che esse ’vanno accompagnate nella decadenza’: una visione pericolosa che rischia di diventare una profezia autoavverante". La denuncia arriva da Maurizio Fabbri, presidente dell’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, secondo cui il piano strategico (Psnai) "legittima la rassegnazione". La linea della Regione, invece, va in tutt’altra direzione: "Noi discutiamo e investiamo da tempo e con un interesse trasversale tra le forze politiche. Non si tratta di un conflitto tra destra e sinistra, ma di un confronto tra l’assemblea regionale e governo", sottolinea Fabbri.

L’epoca di grandi trasformazioni in cui viviamo, che porta con sé la gentrificazione, la pressione abitativa, la crisi della mobilità e dei servizi, "sta cambiando profondamente il volto dei centri urbani – prosegue –. Mentre il governo vuole certificare la fine di alcune aree interne, le città diventano sempre più difficili da abitare. E se la risposta fosse guardare altrove? Se le aree interne, troppo spesso considerate marginali, fossero in realtà una grande opportunità di rigenerazione per il Paese? Per questo desta forte preoccupazione l’impostazione del nuovo Piano strategico nazionale per le aree interne del governo". Fabbri sottolinea poi che il futuro del Paese "non può essere scritto solo lungo le dorsali metropolitane. Le aree interne coprono circa il 60 per cento del territorio nazionale e rappresentano un patrimonio strategico da valorizzare con infrastrutture, sanità, istruzione e digitale".

Le ultime ricerche dell’Uncem (Unione dei Comuni ed Enti montani) "contenute nel Rapporto Montagne Italia 2025 spiegano come a livello nazionale nel biennio 2022-2023 si contino quasi 100mila nuovi residenti nei comuni montani, come peraltro confermato dall’indagine statistica coordinata da Gianluigi Bovini e Franco Chiarini e pubblicata nel volume ‘Sette montagne, otto colline e una pianura’ uscito recentemente".

A replicare a Fabbri è Marta Evangelisti, capogruppo FdI in Regione: "Non si può parlare di riscatto delle aree interne se mancano i servizi essenziali: presidi sanitari depotenziati, con Pronto Soccorso ridotti a orari limitati e l’emergenza-urgenza smantellata di fatto in molti territori. Mancanza di personale medico e infermieristico; servizi di trasporto e collegamenti inadeguati, che aggravano l’isolamento e lo spopolamento". Secondo Evangelisti, poi, i numeri sui nuovi residenti non bastano: "Senza medici, scuole e servizi attivi, le famiglie se ne vanno. Prima di parlare di rigenerazione e visioni future, si garantiscano i servizi di base".

Amalia Apicella