La risposta deve avere una sola voce

Gilberto

Dondi

I nomi e le sigle sono in parte cambiati, ma il copione è sempre lo stesso. Un copione che parte da lontano. In passato, gli antagonisti hanno goduto di simpatie nemmeno troppo nascoste da parte delle amministrazioni cittadine. Ci fu un tempo in cui, dal Palazzo, partivano sotto traccia avvisi diretti agli occupanti per informarli degli sgomberi che sarebbero avvenuti la mattina dopo. Gli esempi sarebbero tanti, ce li ricordiamo bene.

Per fortuna, adesso, il vento

è cambiato. E lo dimostrano

le dure condanne pronunciate in questi giorni da tutti i rappresentanti delle istituzioni, a partire dal sindaco Mattero Lepore.

Quel che resta, invece, è il clima che si respira in certi ambienti popolati da estremisti che si credono democratici, dove la contestazione bisogna farla a prescindere. Centri sociali e collettivi nel corso degli anni hanno usato la stessa medicina per tutti i premier, e i leader politici sgraditi, capitati all’ombra

delle Due Torri. Non una contestazione pacifica e democratica, i cui limiti non devono mai essere compressi. Ma muscolare, violenta. Sfociata spesso in scontri con la polizia, denunce e arresti.

Quello che ora non deve succedere è proprio il ritorno a una stagione di quel tipo. Dove ogni occasione era buona per sfogare la rabbia in strada, in piazza, all’università. Le aule devastate, la polizia costretta a uscire da piazza Verdi, i viali

e il centro bloccati per ore. Sono immagini che, davvero, non vorremmo rivedere. I segnali, purtroppo, non sono buoni. Le frange violente tornano ad alzare la testa, con la scusa del governo guidato dalla destra. Per questo la città deve reagire compatta e dire no a questo tipo di linguaggio. Deve farlo senza eccezioni né distinguo. La violenza, in tutte le sue forme, anche verbali,

va sempre respinta. Bologna,

"la città più progressista d’Italia", deve dare l’esempio anche in questo.

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