La soluzione al problema dei cellulari

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Enrico

Sbriglia*

Se non si vuole confusione, bisogna semplificare il contesto. Se si taglia bene l’erba, anche un cespuglietto che si muove si vede. Questo per dire che la soluzione alla questione dei telefonini in carcere può essere di una semplicità disarmante. Spero che il nuovo ministro della giustizia finalmente l’affronti in termini razionali e rigorosi. Confido nella sensibilità della Meloni e nella visione garantista ma non demagogica di Nordio. Partiamo da lontano: l’essere umano è un animale comunicativo, per cui l’esercizio della parola è un bisogno insopprimibile. Si comprende dunque come

la telefonata di dieci minuti, quattro volte al mese, non possa in nessun modo essere sufficiente per chi ha bisogno di sentire i propri affetti. Poter parlare con i propri cari è vita. Ma anche poter sentire il proprio avvocato, un medico, l’Inps per la pensione è un diritto. Altro discorso riguarda l’uso strumentale dei telefonini, per delinquere o impartire ordini dal carcere. Bisogna cioè distinguere i piani e spero che il nuovo Governo, con ragionevolezza e rigore sappia intervenire. La soluzione sarebbe semplice: dotare ogni cella di un telefono, ogni detenuto di una propria scheda all’ingresso del carcere; stabilire con il nulla osta del magistrato un elenco di numeri con cui questa utenza può comunicare. Un discorso che non vale per detenuti al 41 bis e dell’alta sicurezza. Si eviterebbero così stress legati alla mancata socialità con i famigliari; che il detenuto comune si genufletta al boss di turno per il favore della telefonata. Oggi i cellulari sono una criptovaluta dal valore inestimabile in carcere, che alimenta le entrate della criminalità. Questo mercato, garantendo a tutti la libertà di telefonare, cesserebbe. E allo stesso tempo sarebbe più facile individuare chi invece utilizza altri strumenti. Del sistema trarrebbe giovamento anche la nostra intelligence. Non sono discorsi futuristici: basta dare uno sguardo a quel che succede in altri Paesi, tipo l’Olanda. Anche così si può strutturare uno spirito europeo.

*Provveditore dell’Amministrazione penitenziaria in quiescenza

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