La sorella di Reatti: "Sosò un’ammaliatrice"

Dopo le motivazioni del ’no’ dei giudici alla revisione del processo per la Bracciale. "Dino massacrato, da lei nemmeno un ’mi dispiace’"

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di Nicola Bianchi

"Lei ha sempre manipolato chiunque, da Dino a nostra madre che riuscì a portare dalla sua parte. E continuerà a farlo ancora". Renata Reatti è la sorella di Dino, l’artigiano ucciso a sprangate la notte tra il 7 e 8 giugno 2012 davanti al casolare di famiglia di Anzola, da Gabriele Trombetta e Thomas Sanna, ’guidati’ dalla moglie Sonia ’Sosò’ Bracciale. Tutti sono in carcere a scontare condanne definitive, con Sosò che si è vista rigettare l’istanza di revisione del processo.

Renata, i giudici della Corte d’Appello di Ancona, nel motivare il ’no’ a un nuovo processo, scrivono che quella presentata dalla donna sarebbe una "rilettura alternativa dell’ampio compendio probatorio già accuratamente analizzato". Nessuna "nuova prova", dunque.

"Cosa che abbiamo sempre sostenuto, nei tre gradi di giudizio la vicenda è stata esaminata a fondo, loro sono colpevoli, lei fu la mente dell’omicidio di mio fratello. Punto. Ma la Bracciale continua, e continuerà, nel tentativo di fare credere che non sapeva nulla. Addirittura che quella notte non avrebbe sentito niente, ma per favore...".

Non è possibile secondo lei?

"L’omicidio avviene fuori da un casolare isolato in aperta campagna dove anche il rumore di uno spillo che cade viene udito. Possibile che lei non abbia sentito Dino gridare aiuto e tutto il trambusto provocato durante l’aggressione? Balle enormi. Mio fratello non era un santo, ma non ha mai alzato le mani nè contro di lei, come ha sempre cercato di fare credere, nè contro altri. Non meritava quella fine atroce".

Sonia Bracciale si è mai fatta sentire per esprimerle dispiacere per quanto accaduto?

"Mai. Poteva scrivermi, chessò, una lettera dove diceva che era dispiaciuta che io la pensassi colpevole e soprattutto per la morte di Dino. Mi avrebbe messo il suo cuore in mano, invece nemmeno una parola. Nel suo profilo social la sua volontà era già scritta da tempo".

In che senso?

"Trovai una password, pensavo fosse di mio fratello invece era del profilo Facebook di lei. Lì dentro trovai varie chat e frasi deliranti tipo che lui, cioè Dino, doveva morire e la sua morte doveva essere lenta. Scriveva di fare parte di una setta, parlava di spilli e robe del genere".

Suo fratello l’ha amata fino alla fine, non è vero?

"Ritrovai nel baule del suo camion una foto di loro due appena sposati. Dino era ammaliato da Sonia e lei se ne è sempre approfittata. Lo tradiva, lui per questo cercò di suicidarsi. Dissi più volte a Sonia di lasciarlo perdere, non lo fece fino a farlo uccidere in quel modo".

La sua condanna (21 anni) tra qualche anno sarà definitivamente scontata. Poi tornerà libera, che ne pensa?

"Penso che tornerà a fare quello che ha sempre fatto. Manipolare la gente, come fece con Sanna e Trombetta. La verità è che mio fratello non tornerà più, nostra madre è morta di crepacuore e la nostra vita è stata distrutta quella notte. E lei si ostina a volere uscire dal carcere da innocente".

A che punto è il risarcimento economico?

"Da sentenza, ci doveva dare 400mila euro. Ad oggi non abbiamo visto un quattrino".

Dino che persona era?

"Un gigante buono, amato da tutti. Se i parenti di Sonia in Puglia chiamavano perché avevano il condizionatore rotto, lui partiva subito senza nemmeno pensarci un attimo. Se si usciva pagava per tutti, se avevi bisogno di aiuto correva sempre per primo, se ti vedeva triste si faceva in quattro per farti sorridere. Ripeto, non era un santo, ma un brav’uomo che si innamorò follemente della donna sbagliata".

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