"La sua quarantena è finita". Ma lui è morto

Dino Tinivelli è deceduto il 9 novembre: aveva terminato l’isolamento il giorno prima, la comunicazione ufficiale è arrivata solo il 19

Dino Tinivelli, 85 anni, in una foto di cinque anni fa

Dino Tinivelli, 85 anni, in una foto di cinque anni fa

di Nicoletta Tempera

L’8 novembre, per Dino Tinivelli, 85 anni, la quarantena si era conclusa. Ma né l’ufficiale dell’esercito in pensione, né i suoi famigliari, lo sapevano. E quando il giorno successivo, mentre era seduto a tavola con la moglie, si è accasciato, stroncato da un malore, il suo è stato il destino straziante dei troppi morti di Covid. Nessun famigliare a vegliare la salma. Nessuna speranza, per i figli, di dargli un ultimo saluto. Il corpo chiuso nel feretro, non composto, ma avvolto in un sacco di plastica.

La lettera dell’Ausl, che sanciva la fine della quarantena per l’ottantacinquenne, è stata recapitata, per posta ordinaria, soltanto giovedì a casa dell’anziano. Con undici giorni di ritardo. "Sarebbe bastato un semplice sms e avrei potuto dire addio a mio padre", racconta il figlio Alessandro.

Signor Tinivelli, quando si è ammalato suo padre?

"Papà è stato ricoverato per Covid una prima volta al padiglione 25 del Sant’Orsola dal 12 al 17 ottobre. Dopo essere stato dimesso, ha avuto una ricaduta ed è tornato in ospedale per tre giorni dal 27 al 30 ottobre. Una volta tornato a casa è rimasto in isolamento con mia madre, anziana anche lei. Nessuno poteva andarli a trovare, aiutarli nelle cose di tutti i giorni... Non abbiamo neppure potuto provvedere, in quei giorni, a trovare una persona che badasse loro. Poi il 9 novembre, mentre faceva pranzo, papà si è sentito male".

Chi c’era con lui?

"Soltanto mia mamma Rosella, che ha chiamato il 118. I sanitari, informati della quarantena dei miei genitori, hanno attuato tutte le procedure di sicurezza anti Covid necessarie. Mio padre non ha retto al malore: morto, lo hanno dovuto lasciare lì, a terra, prima di provvedere alla rimozione della salma. Poi, anche per i funerali si è dovuto procedere alla maniera Covid. Parenti strettissimi, bara chiusa, cerimonia rapidissima".

Tutto questo si sarebbe potuto evitare.

"Sarebbe bastato un sms, il mio numero lo avevano. Anche perché la lettera arrivata dall’Ausl non è neppure una raccomandata. È una lettera ordinaria, con lo stesso valore di una mail. Ma il cui contenuto avrebbe potuto regalare a mio padre una morte più dignitosa, tra l’affetto dei suoi cari".

Lei aveva fornito anche i suoi contatti all’Ausl?

"Mio padre, come tutti in famiglia, aveva il fascicolo sanitario elettronico. Io ho la delega su tutti e lo controllavo costantemente. Lì venivano pubblicati i referti del pronto soccorso, i risultati dei tamponi fatti in ospedale e le lettere di dimissione del reparto. Non capisco perché anche per una comunicazione tanto importante, in un momento in cui c’è tanta richiesta e bisogno di rapidità, non si sia scelto di utilizzare questo strumento".

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