
La vendemmia in Emilia-Romagna slitta anche di due settimane, se rapportata alle ultime annate straordinariamente precoci. Si inizia dopo Ferragosto, con le uve bianche base spumante. E nel complesso sarà un raccolto più magro: si prevedono cali di produzione importanti, dal 20 al 30%, con punte fino al 35% in Romagna, persino oltre nel Ravennate. Tutta colpa, spiega Confagricoltura, dell’ondata di maltempo (gelo, grandine, vento, alluvioni) che ha danneggiato i filari e facilitato ll’attacco di fitopatie e insetti dannosi (flavescenza dorata, peronospora, mal dell’esca). In particolare la recrudescenza delle infezioni da mal dell’esca e flavescenza costringerà i viticoltori a estirpare le piante con ripercussioni negative sui raccolti degli anni a venire.
Nelle province di Reggio e Modena il crollo produttivo è stimato intorno al 30%. Si attende lo stacco dei primi grappoli di Lambrusco Grasparossa verso metà settembre, in ritardo di 15 giorni sul 2022. Sui colli bolognesi e imolesi la furia del meteo ha precluso ogni possibilità di effettuare i trattamenti fitosanitari necessari. La tempesta di ghiaccio non ha risparmiato neanche le vigne del Ferrarese. Nel Ravennate si è visto il peggio, dalla gelata i primi di aprile – in particolare sulle varietà precoci, chardonnay e pinot – alla tromba d’aria di due settimane fa, passando per le inondazioni che hanno bloccato per giorni l’accesso ai vigneti e lo svolgersi delle consuete operazioni di difesa della pianta, favorendo come mai prima la diffusione di malattie. Qui la flessione supererà il 35%. A Forlì-Cesena e Rimini si posticipa la vendemmia di una settimana circa e la produzione è destinata a cedere circa il 30%.
"La resilienza dei viticoltori è stata messa a dura prova da una annata complicata. Nonostante tutto ci aspettiamo una buona qualità del prodotto, confidando anche nel ritardo vendemmiale che rende la maturazione più lenta e omogenea", dice il presidente della sezione vitivinicola di Confagricoltura Emilia Romagna, Mirco Gianaroli, che chiede sostegno alle istituzioni e ristori per i produttori danneggiati da avversità impossibili da contrastare. "Ad oggi, infatti, le fitopatie più insidiose per la vite – lamenta l’imprenditore - non possono contare su una strategia di difesa che sia efficace, in taluni casi mancano addirittura i principi attivi".
Stessa analisi preoccupata da parte di Coldiretti. Nel versante emiliano, la produzione resiste sulla dorsale che da Modena, Piacenza e Parma si spinge fino all’Oltrepo Pavese e all’Astigiano. Diversa la situazione per quanto riguarda i vigneti della Romagna: la zona più in difficoltà è quella della pianura ravennate, forlivese e in parte bolognese, dove si stima un danno complessivo del 35% su una superfice di circa 2.500 ettari. In questa area sono insediati principalmente i vigneti di Trebbiano e Sangiovese.
Danni anche su alcune centinaia di ettari della collina romagnola e imolese, con problemi di piogge torrenziali e frane, con un danno del 25-30% sui vigneti di Albana, Sangiovese e Chardonnay. Preoccupa - spiega Coldiretti Emilia Romagna - soprattutto la situazione delle aziende biologiche, con perdite di prodotto che arrivano anche al 50%.
